Non a quella dell’obbligo, ma lì son buoni tutti. No, i guai sono iniziati al liceo, quando mi chiedevo che senso avesse studiare il greco, quando in realtà avrei dovuto chiedermi perché diavolo avevo scelto una scuola in cui si studiava proprio il greco. Ero un ragazzaccio, pure un po’ teppista, in mezzo a tanti promettenti rampolli di famiglie ben inserite, e dopo un paio di anni ho mollato. Ho fatto uno di quei corsi professionali, e sono finito a lavorare in fabbrica, al telaio. E’ lì che ho capito che dopotutto prendermi almeno un diploma poteva essere una buona idea, perché vi dirò: le otto ore in fabbrica di sicuro sono formative, ma se uno può fare altro è meglio. Mi sono iscritto di nuovo, da un’altra parte – niente greco, stavolta, ma sono stato rimandato in latino tutti gli anni – e ho cercato di mettermi di buzzo buono, ma non è durata. Un anno dopo ho iniziato a collaborare con un giornale della mia città, e al mattino bucavo per andare in redazione. Falsificavo la firma dei miei, fingevo malori, scopiazzavo dalle compagne, tutto il repertorio, e non ho passato una sola interrogazione che non avessi studiato nei venti minuti di pullman da casa a scuola. L’unica versione che ho davvero azzeccato in tutto quel tempo, prese comunque un 5 perché secondo l’insegnante non potevo non aver copiato, e aveva torto ma anche solidi precedenti su cui basarsi, e la prova d’italiano alla maturità l’ho consegnata dopo venti minuti, ma ho preso 10 perché ho puntato a commuovere il commissario esterno, giacché ero comunque un gran figlio di buona donna. Quando ho finito – perché a un certo punto, finalmente, ho finito – la collaborazione col giornale è diventata un lavoro, non in regola e mal pagato, ma un lavoro (e in ufficio mi arrivava la posta intestata al “dottor Cosseddu”, chiunque egli fosse). Di iscrivermi all’università, a quel punto, non mi passava per l’anticamera del cervello, anche se forse, se da provinciale quale ero e in fondo sono rimasto, non fossi stato all’oscuro della promiscuità, delle feste e delle sostanze a disposizione, chissà, almeno un Dams avrei potuto tentarlo. Invece niente, e a volte me ne pento, e un pochino mi vergogno, frequentando tanta gente studiata e coltissima, ma poi mi riprendo quando ricordo che Sara Tommasi è laureata alla Bocconi, sarà banale ma mi è di un qualche conforto. La verità è che lo studio non faceva per me, cerco di non farmi troppi complessi (solo alcuni) e a questo punto ho quasi 40 anni, quel che è fatto è fatto, anche se non è detto, certo. Epperò mi dispiace per i miei genitori, loro non avevano potuto studiare e ci tenevano lo facessi io. Li ho fatti davvero impazzire.
Tanto dovevo, e visto che si dice la memoria di internet sia eterna, casomai la questione saltasse fuori poi non si dica che millantavo.
Dopo il secondo anno di Scienze Politiche ho mollato. Avanti il prossimo
Dopo le medie al Villaggio Lamarmora e uno stage a Carbonia (dove insegna il mio amico Puddu Zingares), ho fatto un corso di rutti, ma non ero il primo della classe. Silvano, lui si era bravo.
http://www.youtube.com/watch?v=DiYfY-Mt1I4
Nel caso, non era questione di avere o meno I’ll pezzo di carta: era farsene vanto.
Dì la verità: ti stai divertendo come un matto.
A mio parere, asini erano anche un poco i tuoi insegnanti.
Ciao geniosenzalaurea!!
Grazie ma no, fidati, ero ingestibile (e penso non si fatichi troppo, a crederlo…)
Primo post; chiedo scusa per le banalita’.
Bravo bambino fin da piccolo, ho fatto tutto quanto richiesto.
ITIS, laurea in ingengeria al politecnico di Milano, qualche tentativo di lavoro in italia, lavorone in USA per un paio d’anni. Adesso passo le mie otto interminabili ore nel cubicolo con il il cervello in folle cercando di non morire per fuorigiri.
Lo studio apre opportunita’ inarrivabili a chi non sudia, ne sono ancora convinto.
Il fare cosa piace o si vuole non e’ necessariamente legato a studio (o al presunto successo).
Mi manca la tesi. Solo.
Da un po’.
Ma la scriverò. Poi.
avendo vissuto quel tuo periodo creativo sottoscrivo tutto quanto…
da come te la tiravi al liceo…da come sei ridisceso tra noi mortali in seguito…di come hai deciso di rimetterti a studiare…
un abbraccio
ea
Con un figlio “ormai” in quinta elementare l’argomento scuola mi sta ritornando, in tutta la sua complessità. Sono sincera, ho il terrore, vero, di scoprire pirma o poi, in mio figlio quei tratti di sofferenza scolastica che ho provato al liceo, come descritto sopra… I bambini di oggi son precoci, e le maestre altrettanto ad “etichettarli”. Quando, ai colloqui, mi dicono che potrebbe fare di più e avere tutti nove e dieci mi viene un coccolone. Con me, almeno, avevano aspettato il liceo… Non me la prendo mai per i voti bassi, i castighi o la severità. Chiedo solo una cosa: che non si svaluti la sua voglia di imparare, anche se a volte non è in sintonia con il programma. Prende sette, otto, sei, va benissimo, ma non gli si dica che è pigro. Lo so io, lo sa lui quanta fatica fa per imparare storia invece di andare fuori a giocare. Lo vedo quanto si annoia a fare sempre le solite cose. Insegnanti, non toccate l’autostima dei bambini e dei ragazzi! O il risultato saranno anni come quelli descritti, con tanta sofferenza e tanta fatica per ritrovarsi. Quanto a me… beh dopo un tragico liceo, arrivò l’università perchè dovevo dimostrare a me stessa che non ero quell’allieva che i prof avevano giudicato. Ci ho messo qualche anno in più, intanto anche io facevo 100 lavori, ma l’ho finita con ottiimi risultati e la percezione di me come studente è cambiata: io a scuola andavo bene, con la sola parentesi del liceo, dove asini erano i professori.
ps.
Mio fratello era moooolto peggio di te, ha girato scuole e collegi, adesso ha 50 anni e tra un po’ si laurea in psicologia… Non è mai troppo tardi è il motto della mia famiglia!!!!
bel pezzo complimenti hai ricreato il momento delle superiori a Biella dove troppa gente se la tirava ma non mi sembra che il corpo docente abbia creato una grandissima classe dirigente – come ci ammiccavano i presidi del tempo – poco spazio ai reali interessi e all’apprendimento molto di più agli status symbol. Per la cronaca il mio cursus honorum è stato come il Tourmalet – segato in prima liceo – tra le materie ginnastica – e in terza e poi migrato a Vercelli dove ho finito comodamente
Ciao Beppe!!! oh Beppe era con me al corso di rutti. E’ arrivato 3°. Bravo. Una spanna sopra gli altri.
Risolsi brillantemente, a suo tempo,
quando il professor La Sacca, propose la laurea in risottologia;
preparai con cura la tesi, ma, ammetto, barai spudoratamente facendo andare in otto minuti una busta di quattro salti in padella
Non se ne accorsero
Infatti i prof dei licei biellesi (scientifico e classico, per intenderci, negli anni 80, ma anche prima e dopo) erano dei deficienti frustrati, con pochissime eccezioni. Vorrei rivederli per dirglielo, se mai non glielo avesi fatto capire abbastanza prima, ma ormai sono decrepiti e alcuni anche trapassati. Erano dei pessimi professori e hanno rovinato la giovinezza e l’autostima di molti di noi. Non glielo perdonerò mai; anche un cattivo professore morto resta un cattivo professore. Uno su tutti, insegnava mate e fisica allo scientifico, negli anni 80… indovinate chi era quel pazzo…