5 FEBBRAIO 2013

Tutto quello che sai è sbagliato

Volete la verità? La verità vera? Nessuno ci capisce niente. Nessuno sa niente. Zero.
Quando un sondaggio dice che in Lombardia centrosinistra e centrodestra sono pari, non vuol dire che sono pari. Credevate, voi. E invece no: vuol dire, come minimo, che forse sono pari, certo. O che può vincere il centrosinistra, o che può vincere il centrodestra. Che può vincere il centrosinistra, stando al caso che mi interessa, di un punto. O di cinque. O di dieci. O di venti. Nessuno lo sa, facciamocene una ragione.
Perché il paragone con l’Ohio ci sta tutto, ma solo finché si discute di politica, non di numeri. In Ohio, lì sì che un sondaggio in cui democratici e repubblicani sono dati vicini significa, beh, che finiranno vicini. Qui può succedere la qualsiasi, letteralmente.
E’ questa, e non un’altra, la similitudine con la campagna del 2006: nel 2006 non c’è stata – non c’è stata “solo” – una sorprendente rimonta, c’è stato invece un sorprendente sfondone nelle previsioni. Scrutavamo l’orizzonte, tutti, e non abbiamo visto arrivare il treno merci che ci ha preso in faccia. Ops. Lo stesso nel 2011, a Milano, e a Napoli, dove non i sondaggi, non gli exit polls, ma le proiezioni, signori, le prime proiezioni davano i principali candidati vicini. Ah, si è poi visto, quel che si dice due vittorie al fotofinish. Le elezioni del 2008, quelle sì che sapevamo come sarebbero finite. Che culo: ma è un’eccezione, ecco.

E quindi, che campagna è? E’ una campagna in cui nessuno sa un cazzo di niente. Questo nella versione colloquiale, altri direbbero che il marketing politico, nel nostro Paese, è ancora meno professionalizzato rispetto agli altri Paesi Ocse. Ne risulta, dicevamo, una campagna in cui tutti gli argomenti sono reversibili. In cui le mosse di tutti, specialmente quella di Bersani, vengono sezionate col bisturi, come è ovvio. E’ sul responso, che sorge qualche controversia: e bisogna parlare di patrimoniale, anzi no non bisogna perché si spaventano i moderati, e Berlusconi è incredibile, però è sempre il migliore, però rimonta, però la rimonta è una panzana. E’ tutto giusto, ed è tutto sbagliato, nel senso che i ragionamenti filano e capita di leggere una cosa e di trovarsi d’accordo, e poi di leggerne un’altra che dice l’opposto, e di trovarsi d’accordo pure con quella. Questo finché stiamo alla teoria, perché la prova provata ce l’avremo solo il 25.
Fino ad allora, in tivù, sui giornali e in rete, continueremo a leggere tutto e il contrario di tutto. Spesso dallo stesso autore, e non necessariamente nel tentativo di poter comunque dire di averci preso: così, perché al momento la scena politica italiana è come un ring del valetudo. E vale tutto, davvero: il Pd è in calo, no il Pd è stabile, sono gli indecisi di destra che non sono più indecisi; Berlusconi è un genio, no, Berlusconi non esiste. E via così.

Impossibile dire come andrà a finire? Di nuovo, sì, ma anche no. Da un certo punto di vista, è facile: chiusi i seggi, partito lo spoglio, in trepida attesa dei dati, vedremo comparire sui nostri schermi le prime cifre, e presi dal panico non resisteremo a scrivere subito, di getto, altri commenti e brillanti l’avevo detto. Poi, dopo qualche ora, quelle cifre cambieranno, in genere, e in genere va così, di parecchio, e come se niente fosse, come se non fossimo stati tutti preda degli stessi abbagli, ci uniremo in un nazionale, ideale coro con Mentana, un coro liberatorio e autoassolutorio, e urleremo: Masia, porca pupazza, come cacchio hai fatto a mancare il bersaglio di cinquanta chilometri?

  1. Voglio andare a vivere in Ohio. Quello vero.

  2. 800-1000 campioni su una popolazione di 50 milioni di abitanti- questa l’attendibilità dei sondaggi italici…

  3. Tutto verissimo, dovrei dire purtroppo ma dico per fortuna… Milano e Napoli era il 2011 però, non il 2010

  4. io, con tutto, intendo dire che vorrei domani fosse il 28 di febbraio.

  5. I sondaggi pre-elettorali che ricordo io erano tutti giusti: perché se tu prevedi che Tizio prende il 20% con un errore del 4% e Caio prende il 29% con lo stesso margine d’errore, un risultato di 25% per Tizio e 24% per Caio non contraddice il sondaggio.

    Quel margine di errore vuol dire che secondo il modello statistico, nell’86% (o percentuali simili) dei casi il dato vero che sta dietro alla statistica è compreso tra il 20-4 e il 20+4.

    Il problema, semmai, è che i giornalisti e i commentatori politici in Italia non capiscono un cazzo di matematica, e se ne vantano pure (per i politici questo è vero sotto tutte le latitudini, ma il loro — per lo meno — non è un lavoro): gli allibratori inglesi sono molto più credibili nell’interpretazione dei dati.

    Ottavio
  6. Se invece ti vuoi riferire al fatto che lo staff di Bersani non ha nessuna idea di come interpretare i sondaggi e adattare, in maniera scientifica, i messaggi al loro risultato sugli elettori, hai totalmente ragione. D’altro canto, quando vedi in giro candidati in posizione eleggibile al parlamento che si fanno vanto di fare una campagna di comunicazione artigianale…
    Se si facesse fuori il genio che ha scelto un’immagine con dominante bluastra per le immagini di Bersani per queste elezioni mi chiamerei già contento, va’.

    Ottavio
  7. Ma temo sia lo stesso che due anni fa organizzò una campagna di sottoscrizione straordinaria al partito, inviando qualche milione di lettere (quelle vere, che costano 60¢ solo di francobollo) coi nomi di battesimo tutti sbagliati e che per i misteri della vita interna del PD (al cui confronto la teologia dogmatica è una passeggiata) è ancora lì a fare il responsabile dell’organizzazione.

    Ottavio
  8. No, io mi riferisco al fatto che un margine di errore del 4 percento vuol dire che stiamo asciugando gli scogli, come direbbe Bersani.

  9. Forse un margine di errore del 4% per ciascuna lista potrebbe anche essere sufficiente per farsi un’idea abbastanza veritiera se in competizione ci fossero due liste, ma un margine di errore del 4% “moltiplicato” su una trentina di liste (con in più una percentuale altissima di indecisi) corre il rischio (con un margine di errore nettamente inferiore al 4%) di generare mostri. Poi, risultati alla mano, vedremo quale sondaggista ha avuto più culo.

    Forse un qualche senso maggiore può avercelo l’operazione di Termometro Politico di fare una media tra tutti i sondaggi.

    FaustoB
  10. Lo scenario Ohio è molto più semplificato, almeno nel caso delle presidenziali: due partiti, più una fetta ampia di astensionismo. Quando si tratta di primarie US, che presentano molti competitors, anche i sondaggi americani toppano alla grande.  Ora, considerata l’alta frammentazione partitica in Italia …  

    Però alcuni sondaggi sono interessanti, come quello publicato da Repubblica qualche settimana fa, su “astenendi” ed incerti (perchè spostare voti è quasi impossibile).

    Cosa avevano votato nel 2008 coloro che oggi si dichiarano propensi all’astensione ? 30% PDL – 6,7% PD -  5,2% Lega – 39% astenuti pure nel 2008. Il profilo di questo gruppo? Preponderanti le donne, tra i 18 e 29 anni, livello di istruzione medio, non praticanti.

    E coloro che oggi dichiarano di non sapere per chi votare? Nel 2008 il 33,7% aveva finito per votare PDL, il 15,3% PD, ed il 12,1% Lega. Circa il 20% non era andata a votare. Il profilo medio qui: preponderanza sempre di donne, ma tra i 45 e 54 anni, con livello di istruzione bassa, praticanti e localizzate nel nord-ovest (sic).

    RoK