Rodotà vent’anni fa

Una persona specchiata, dotata sulle cose di opinioni chiare eppure mai buttate lì per appagare gli istinti più bassi degli italiani. Un uomo che si è tirato fuori dalle beghe per il potere in quanto tali, e che è finito ai margini della politica politicante anche per aver tenuto il punto su alcuni principi fondamentali, che ha rifiutato di condurre al mercato delle vacche (vedi, ad esempio, il suo originario progetto di legge anticorruzione, vecchio appunto, ormai, di vent’anni).

Rodotà è oggi un ottantenne, sarebbe un Presidente della Repubblica di cui andrei assolutamente fiero, e l’affetto che sta suscitando tra la normale gente di sinistra è impressionante. Ma ancora di più lo sarei stato se non avessimo perso questi venti anni in una discussione tra D’Alema e Veltroni, in una contrapposizione che ha sputtanato tutte le posizioni possibili, spesso cambiandole vorticosamente, senza nessun rispetto per la coerenza (e nemmeno per la decenza). Non voglio fare una caricatura di D’Alema e Veltroni, hanno avuto meriti e tra quelli va messa anche la capacità di attirare il dibattito su loro stessi: far politica è anche quella roba lì. Alla fine, però, il bilancio è negativo, c’è poco da fare.
Pensando agli ultimi vent’anni, e ai prossimi venti che verranno, mi viene da pensare che quando si ha a disposizione una persona così, forse sarebbe meglio levarsi dalla calca delle contrapposizioni per un attimo e pensarci bene, senza aspettare che abbia 80 anni: cambierebbero molte cose.
Vale per tutti.