Ho ripensato spesso a questo spezzone, in questi anni. Faceva parte del Beppe Grillo Show (qui nella versione integrale, che consiglio) che Rai 1 mandò in onda il 25 novembre e il 2 dicembre del 1993: avevo vent’anni, e fui tra i 15 milioni di italiani che lo guardarono: lo guardammo tutti, anche se poi forse l’abbiamo rimosso. Ma ne conservo una copia ancora oggi, come vedete. Grillo era stato allontanato dalla tivù pubblica quasi esattamente sette anni prima, il 15 novembre del 1986, dopo una celebre battuta sui socialisti.
Nel 1993 erano cambiate molte cose, e Tangentopoli stava clamorosamente facendo giustizia della cacciata di Grillo, il quale avrebbe molto facilmente potuto farci entrambe le puntate del suo special dopo il quale, per la cronaca, in Rai non tornò mai più.
Invece no, quello spettacolo lanciava un messaggio molto più sofisticato, quello riassunto in questo spezzone. Non perché non si scagliasse contro la corruzione, tutt’altro, ma perché metteva la politica in un quadro più ampio, governato da quell’economia che stava diventando globale.
Non banale, anzi: e fu questo il tono dei suoi spettacoli successivi, quelli nei teatri e nei palazzetti, già pieni allora, negli anni a venire. Di lui si diceva, per il fatto che non andava in tivù, che era incompatibile con gli sponsor, con i marchi. Spiegava agli spettatori come fare la spesa, perché diceva che i cittadini esprimevano il loro voto più così che andando ai seggi, e non parlava quasi più di politica, anche se a ben vedere ne parlava eccome.
Ora, di Beppe Grillo si dice spesso che ha cambiato idea, o meglio, che ha sbagliato e poi corretto molti giudizi, giudizi su cose importanti. In genere ci si riferisce a quando spaccava i computer a martellate, prima di capire il potere del web e divenirne un clamoroso interprete. E, man mano che prende piede il Movimento che ha fondato, e sempre più facile trovare falle nei suoi ragionamenti, contraddizioni, dati semplicemente falsi.
Ma non è questo il caso, o meglio: in senso stretto, non lo si può certo accusare di aver cambiato idea sulla politica. Eppure, quel Grillo del 1993 è molto, molto diverso da quello del 2013. Il punto di vista è tutto un altro, non perché non parli più di raccolta differenziata, di quello ne parla ancora seppur sempre meno, ma perché oggi non riempie più il palco di prodotti di uso quotidiano per spiegarci cosa acquistiamo, cosa mangiamo, cosa buttiamo, e che conseguenze ha tutto questo.
Narra la leggenda che tutta questa storia del Movimento 5 Stelle ebbe inizio il giorno in cui Grillo conobbe Casaleggio, e Casaleggio, che per mestiere aveva a che fare con le aziende e con i marchi e con le multinazionali, gli spiegò che prendersela con la politica avrebbe funzionato di più, sarebbe stato più facilmente comprensibile, e decisamente più redditizio. Casaleggio lo convinse, evidentemente, ed eccoci qui: a una settimana da un giro elettorale che porterà in Parlamento, comunque vada, un impressionante numero di, beh, grillini. Buon per loro. Per quanto mi riguarda, però, faccio parte di quell’altro target, per dirla alla Casaleggio.
Faccio parte di quel target – e all’epoca non militavo in alcun partito, nè lo avrei fatto fino al 2009, per inciso – che quella sera del 1993 restò assolutamente colpito dalle cose dette da Grillo, proprio in quel momento, proprio nel bel mezzo di Tangentopoli, quando limitarsi a gridare in galera sarebbe stato tanto più semplice: e che apprezzò proprio il fatto di non sentirglielo urlare, di provare a spiegare qualcosa di un po’ più complicato. Quel target che lo seguì negli anni a venire, di cui facevo volentieri parte e che, dirò di più, se Grillo avesse continuato a dire le stesse cose, e comunque fosse finito per fondare lo stesso un partito, chissà, oggi forse lo avrebbe votato. Ma lui ha scelto altrimenti, ha scelto di raccontare che i mali del nostro Paese son colpa dei partiti, e alla lunga questo è diventato tutto quel che ha da dire: se non tutto, quasi. Ha scelto di prendersela con Berlusconi, e con tutti gli altri, che è molto più semplice, e per quanto io sappia molto bene che Berlusconi è Berlusconi, questo a me non basta, sarò strano io. Perché il punto è un altro, il punto non è la politica, o meglio non è solo la politica, e lui lo sa benissimo, perché era lui a dirlo. Era lui a dirlo.
Perciò, chiariamo l’equivoco: il Grillo del 1993 non c’entra niente, col Grillo del 2013.
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me lo ricordo bene anch’io.
ma ormai è tardi, arriva la pioggia che bagna i giusti e gli ingiusti (cit.).
vediamo quanto.
Sono completamente d’accordo a metà. Mi sono guardato, con lo spirito più o meno dell’entomologo, due o tre recenti spettacoli di Grillo. E qualche suo comizio. E’ vero che oggi, soprattutto in campagna elettorale, Grillo parla molto dei partiti, ma è altrettanto vero che passa molto tempo a parlare anche di malattie immaginarie, di multinazionali dei farmaci, del peso degli zaini degli studenti, sistema finanziario, stampa e giornali. Voglio dire che qualcosa di quel Grillo del ’93 è rimasto – soprattutto l’idea di agganciare lo spettatore/elettore parlandogli di cose che animano il suo quotidiano, che sul piano comunicativo mi pare molto potente. Quando Grillo porta in scena (o sul palco) un telefonino VOIp, e chiede a un paio di persone del pubblico di chiamare i parenti in Australia o in Sud America, sta facendo più o meno quell’operazione del ’93: guardate, sono come voi, capisco cosa significhi risparmiare i soldi della telefonata, Telecom è una manica di ladri, ammanicata coi partiti e noi siamo diversi, io e voi. Il frame comunicativo sulla “casta” mi sembra quasi accessorio, quasi una conferma di cose che alla fine pensano in molti, anche fra chi ha sempre votato Berlusconi o la Lega (in realtà di eversivismo delle classi dirigenti aveva parlato un po’ prima anche Gramsci, ma lasciamo perdere). Sono però d’accordo sul fatto che mentre prima la prospettiva di Grillo era (o appariva essere) quella del cittadino che si rivolge ai cittadini, oggi è quella di un leader politico che si rivolge a degli elettori. Il che lo indebolisce e ne indebolisce il messaggio – una cosa è credere a un comico, altra credere a un politico. Certo, a meno che poi non prenda il 25%, perché altrimenti vuol dire che molti di quelli che lo ascoltano dal ’93 ha seguito il suo ragionamento e la sua, diciamo, “evoluzione”.
Tutto condiviso e quotato su FB. Solo un appunto, quando Grillo spaccava a martellate i computer, il web nemmeno si sapeva cosa fosse, a meno di non passare le proprie giornate all’interno di laboratori di informatica e telecomuncazioni di qualche facoltà di ingegneria…
Certo, Maurizio, diciamo che si trattava però di un atteggiamento quanto meno luddista nei confronti di quel mondo digitale di cui poi, evidentemente, ha compreso i vantaggi. In ogni caso, lo citavo come esempio degli argomenti su cui lo accusano di aver sbagliato giudizio e poi cambiato idea.
Potrebbe anche essere in ritardo la vecchia politica, corrotta fino alla fine. Di giusti ne vedo veramente pochi… forse nessuno!
Il tuo solito commento che non c’entra e che non si capisce, Fausto. Impegni le giornate a linkare il M5S, non fare quello che passa qui per caso.
Probabilmente voterò cinquestelle. Nonostante le tante contraddizioni, certe posizioni sull’economia e l’immigrazione, le semplificazioni di argomenti complessi. Nonostante certi atteggiamenti vittimistici e alcuni dei suoi militanti, che trovo insopportabili. Anch’io preferivo il Grillo di qualche anno fa, soprattutto per l’ambientalismo militante, che oggi è un po’ passato in secondo piano.
Detto questo, pur trovando interessante la tua tesi, trovo pertinente l’obiezione di emanuele: buona parte di quel Grillo c’è ancora. Nella denuncia delle morti bianche, dei soprusi della polizia (penso al caso Aldrovandi, per esempio), delle storture di un sistema economico-finanziario ignobile. Un sistema di cui tutti i partiti sono complici e succubi: e questo purtroppo è innegabile, non è demagogia. Su una cosa, comunque, hai ragione da vendere, Paolo: Beppe dovrebbe riguardarselo, questo spettacolo.
Gli farebbe senz’altro bene.
PS complimenti per il tuo blog e in bocca al lupo per le elezioni. In Lombardia faccio il tifo per voi.
Ciao Paolo. Per una volta non sono d’accordo con te. Secondo me Grillo dice la stessa cosa da sempre. La differenza è che ieri non lo ascoltavamo e oggi sì… perché con la crisi ci toccano da vicino. Tutto qui.
No, Dario, sembra, ma dice cose molto diverse. Ma sembra. Lì sta il trucco.
Se io fossi uno sborone direi che c si focalizza sul significato rimuovendo il significante… i partiti, questi partiti, mi piacciono sempre meno, tanto da avermi indotto a saltare un giro elettorale. Ma in quello spezzone di filmato e nella tua riflessione c’è tanto di vero. Il marketing, che brutta bestia (chissà se il milionario fustigatore del transatlantico s ricorda ancora d Ciarrapico e Cragnotti, anche perché cambiano i nomi ma per la proprietà transitiva i furbastri si moltiplicano come in matrix
Si dice che Casaleggio lo abbia convinto dopo uno spettacolo a Livorno. Che furono i primi e glli ultimi soldi che Grillo mi pelo’…
A me, invece, il Grillo del ’93 sembra uguale a quello del ’13: irritante e per nulla divertente. L’unica differenza è che ora indulge ancor più all’urlo e al turpiloquio, per cui in effetti una differenza c’è: il Grillo odierno lo trovo ancor più irritante e meno divertente.