”L’ho detto parlando a una conferenza delle donne del Partito democratico: sono pronta a lasciare. Però se lascio io lo devono fare anche gli altri”. Così Livia Turco, sei legislature come parlamentare, in un colloquio con il ‘Fatto quotidiano’. “Le deroghe devono essere tre: D’Alema, Veltroni e Bindi. Per questo sono pronta a battermi”.
I tre nomi – D’Alema, Veltroni e Bindi – non sono esattamente di poco conto. Ma il principio è interessante, è la proposta simile a quella che da un po’ di tempo fa Pippo Civati. Lui si riferiva ai ruoli apicali del Pd – segretario e presidente – e non a Veltroni e D’Alema.
Ma se lo scambio è concedere solo tre deroghe invece che – come risulteranno alla fine – settanta, beh, parliamone.
Stavo proprio pensando la stessa cosa, leggendo le parole della Turco.
Mah…alla fine ci sarà anche la Turco, temo!
E’ da sempre la mia posizione
meglio di niente!
Un ex presidente del Consiglio e un ex Vice presidente del Consiglio (dato che non credo si possano contare le cariche di partito; e poi, di quale partito?). La Bindi, perché? Cercasi risposta politicamente giustificata.
Ok, dove si firma?
commovente la turco, che si immola per la santa trinità.
ma non ci credo neanche se lo vedo.
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Dopotutto la Bindi è presidente dell’assemblea. Ci può stare, dai.
Non credo la Turco sia nella posizione di poter dettare alcuna condizione. Oltretutto in modo cosi’ infantile: “vado via se lo fanno anche gli altri!”. Roba da asilo.
meglio che niente sì, ma che brutto fare scelte di eccezioni, di esclusioni piuttosto che di in clusioni in funzione dei nomi e non dei ruoli o degli obiettivi
Cosseddu, perché dici che alla fine saranno 70? Da dove “estrai” questo numero? Non è una domanda polemica, è che penso che se scrivi 70 ci avrai fatto un ragionamento. Se non ricordo male in precedenti discussioni sul tema deroghe qualche mese fa il numero che veniva fuori di deroghe “necessarie” girava sempre intorno a 30/35.
Già che ci sono dico la mia: Bersani e Bindi ok, segretario e presidente dell’assemblea mi pare ragionevole. D’Alema e Veltroni, essendo privi di motivazioni tecniche, rischiano di aprire la porta ad altri. Cmq se queste due deroghe fossero il prezzo da pagare e poi ci si ferma lì, sarebbe accettabile.
Dico che sono 70 perché ho il database degli eletti: due terzi sono salvi perché invece di tre mandati si contano 15 anni (poiché il penultimo mandato è finito tre anni prima), e il terzo rimanente si salva perché rientra nella deroga prevista. Una pagliacciata.
Secondo me le parole “D’Alema” e “Rinnovamento” non possono conciliarsi.
No, anche (queste) tre deroghe sarebbero un pessimo segnale. E’ un errore di immagine e di principio. Come dice Gramellini c’è nel paese (e nel partito) una reazione allergica quasi indistinta verso chi ha dominato la scena negli ultimi vent’anni, e a cui è associato un modello di politica, di governo (o di opposizione) che ora si vuole ricusare.
I valvassini a casa ed i grandi vassalli per sempre nel partito? Significa che ce li ritroveremo per altri 5 anni ospiti fissi in TV? Bersani ci basta come traghettatore. Accetterei più volentieri alcune, poche, giustificate, deroghe verso figure più marginali il cui apporto tecnico sia ritenuto indispensabile nel lavoro parlamentare (vedi Rodotà) ma che non mirano a fare i capocorrente in eterno. L’arroganza di ritenersi indispensabili, il fingere di non sapere che il limite dei mandati (di ogni mandato) rappresenta uno strumento proprio del processo democratico, conferma come nel partito davvero vige la legge ferrea dell’oligarchia.
Curioso che nella trinit terna il nome di Bersani non compaia.
Siamo al solito paradosso italiano.
Il problema non è che una regola permetta o non permetta una cosa… il problema è che certi figuri abbiano ancora la faccia tosta di farlo…
Quando si parla di esigenza rinnovamento le prime facce che vengono in mente sono proprio Bindi, D’Alema e Veltroni…
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