Qualcuno spieghi alla Camusso e ai nostalgici de L’Unità che il turboliberismo sarà pure brutto – e brutto lo è davvero – ma che l’Italia non è nella merda per colpa del turboliberismo, è nella merda perché ogni anno deve convincere gli investitori a comprarsi tre o quattrocento miliardi di euro in titoli di Stato italiani, miliardi di cui il nostro Paese ha bisogno perché ha accumulato troppo debito pubblico. Pubblico, non privato, e a qualcuno farà male ricordarlo, ma è la pura verità. E se i turboliberisti sono così stronzi, non si capisce perché dovrebbero mettere i loro soldi in un debito che – francamente – hanno buone ragioni per ritenere non solvibile. Se pensiamo che il loro denaro sia sterco del diavolo, dovremmo essere i primi a rifiutarlo, a turboliberarci da soli. Che sarebbe bello, ma non succede mica, pare.
E ci manca solo che lo Stato si metta ad acquistare le aziende decotte: perché è noto che le cose vanno benissimo, quando il padrone è lo Stato italiano. Certo, come no.
Semmai dovrebbe vendere quelle che ha già, semmai.
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Incredibile che tu sia del PD
sei geniale
condivido
in effetti è cosi,
e che sia o meno solvibile è dovuto sopratutto al fatto che in un sistema di economia globalizzata si stia tutti quanti in cerchio con in mano le palle del vicino, sopravvive chi resiste meglio agli strattoni,
di un qualcosa di estremamente delicato
Di tutti i modi in cui si poteva dire “più Stato nell’economia”, hanno scelto il peggiore.
NON sono d’accordo, anzi. Qui a Roma si è combattuta e stravinta la guerra contro la giunta fascista di Alemanno che voleva (s)vendere l’azienda municipalizzata che si occupa di elettricità ed acqua (ACEA) la quale è sempre stata in attivo e da sempre ha assicurato ottimi profitti al Comune di Roma.Il sindaco Alemanno intendeva affidare a non meglio specificati soggetti privati il 21% (di partenza era una quota molto più alta) per meno di 200 milioni di euro per “ripianare i debiti” quali non è dato saperlo, Notare che ACEA è quotata in borsa, ed in 4 anni di regime clerico fascista a Roma ha perduto oltre la metà del suo titolo, prima, non succedeva. Insomma tu sostieni il contrario di quel che si deve fare, dovrebbe bastarti questo fatto che narro per renderti conto che se devi fare il pieno di benzina, non puoi venderti la ruota di scorta per pagarlo.
Roberto, il tema dei beni pubblici è molto, ma molto diverso. E infatti, se il ragionamento fosse stato messo così non ci sarebbe stato niente da dire, e lo stesso non avrei detto niente se stessimo parlando di dotare i mercati di regole più chiare. Ma che lo Stato debba acquistare un’azienda che produce bulloni per salvarla – come se questa fosse poi davvero una salvezza – e che lo Stato italiano sia in crisi per il complotto liberista più che per la sua scellerata amministrazione pubblica, beh, insomma…
Ben tornato. Anche se le poche vacanze vedo non ti hanno schiarito le idee. Quello che scrivi è molto confuso e confonde cause con effetti. Comunque se non inorridisci leggiti l’intervista di Giulio Sapelli sull’UNità di oggi.
Potresti anche leggere questo articolo di Giacomo Bottas….http://www.linkiesta.it/blogs/tempi-interessanti/le-amnesie-dei-liberisti#ixzz2447YRzLV
Se non lo sai poi ti informo che il debito pubblico ed il debito privato sono solo due modalità diverse usate dal turboliberismo negli ultimi 30 anni….nei paesi anglosassoni si è incentivato l’uso delle carte di credito e dei mutui per tutti, nell’Europa continentale spesso il sacrosanto investimento sul welfare si è trasformato in un debito fatto per consentire al consumatore di consumare a capriccio.
Eh no, eh? Adesso non è che vieni a cacarmi la minchia a ogni cosa che scrivo, ok Enzo? Per capirci.
Pingback: La doppia mossa che ancora manca | [ciwati]
Che poi ci sarebbe anche un altro passaggio: posto che i mercati cattivi prestino allo Stato dei soldi per salvare le aziende decotte (non è come la nonna che ti dà la mancetta e ti dice “mi raccomando, non spenderli tutti in una volta”), quei soldi poi verrebbero restituiti dai cittadini che pagano le tasse…
oddio ma perchè sei così volgare? Non ti sei riposato?
http://alesiro.blogspot.it/2012/08/pubblico-vs-privato.html
Ale, come ho già scritto più sopra, la questione dei beni comuni non la confonderei con il tema del mercato e della sua regolazione. Io ho scritto che lo Stato non deve comprare aziende decotte, e che sarebbe meglio si liberasse di quelle che ha già, ma non a caso ho linkato i casini abnormi di Finmeccanica. Che non gestisce beni comuni, e non è esattamente una municipalizzata.
Che volgarita’. Hai studiato a Oxford? Non ti permettere di essere volgare cosi’,sei come grillo. Vergognati e accetta il dissenso,montato come la panna.
Ho letto l’articolo ma trovo sia assurdo pensare che il debito pubblico non abbia avuto risvolti privati…li ha avuti eccome. Il debito pubblico ha pagato le pensioni di persone che avevano lavorato troppo poco permettendogli di spendere senza indebitarsi, ha pagato gli stipendi a significative fette di popolazione per far girare l’economia senza che si indebitassero, ha fornito aiuti alle imprese (private) perchè continuassero a produrre ed a dare lavoro senza diventare più competitive e senza indebitasi. Insomma…ha permesso all’Italia di vivere con un tenore di vita che non poteva permettersi…ora si presenta il conto di questa scelta e tutti quelli che in questo “bengodi” non hanno saputo guardare al futuro ora dicono che è colpa dello Stato, dimenticandosi che lo Stato non è un’entità astratta ma siamo noi cittadini (che siamo stati ben zitti finchè a pagare erano “altri”).
Irene Silvestri, che per non perdersi nemmeno una parola di quello che scrivo, stamattina ha attivato la ricezione automatica dei miei aggiornamenti su Facebook. Ci vuol pazienza.
Pingback: La doppia mossa che ancora manca | Pippo Civati
Certo,vorro’ seguire tutte le volgarita’ che scrivi contro gente che conosco .Ok?
Irene, per capirci!!! oohh
interessante articolo di Ronny Mazzocchi (sempre sull’Unità) http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFarticolo.asp?currentArticle=1J6IQ8
Solo le volgarita’ . Per capirci.
Puro hai scritto una cosa che davvero non c’entra un fischio, complimenti
Nel merito, sostenere che anche con i conti a posto l’Italia avrebbe sentito la crisi più o meno nello stesso modo, solo un pochino più attenuata, mi sembra un’opinione molto discutibile. E non la condivido.
Me ne farò una ragione del tuo dissenso. Quindi la crisi globale non esiste, quella partita dagli USA e che ha raggiunto tutto l’occidente? Ora mi sento più tranquillo.
Sentiti come vuoi, però non è quello che ho scritto.
Per Enzo Puro:
http://www.italica.rai.it/corso.php
Paolo, vedo che ti si sono attaccati troll dappertutto XD. Preferisco cento volte la tua schiettezza (e se la paragonate a Grillo non avete proprio capito nulla!) alle mille giravolte di chi pretende di essere la classe dirigente di questo partito. Avanti così!
PB
volevo giusto commentare queste frasi di Enzo Puro:
Se non lo sai poi ti informo che il debito pubblico ed il debito privato sono solo due modalità diverse usate dal turboliberismo negli ultimi 30 anni….nei paesi anglosassoni si è incentivato l’uso delle carte di credito e dei mutui per tutti, nell’Europa continentale spesso il sacrosanto investimento sul welfare si è trasformato in un debito fatto per consentire al consumatore di consumare a capriccio.
ma davvero? proprio cattivo questo turboliberismo, un cattivone che fa fare pazzie ai consumatori, che, chiaramente, non sanno proprio pensare da soli.
Giustissimo, parole sante, condivido pienamente! Quando la verità fa male si preferisce mettere la testa sotto la sabbia anziché confrontarsi con la realtà. I voli pindarici di Camusso e soci non sono altro che un fumogeno verbale, un modo per distrarre l’attenzione dal vero problema.
è ovvio che avere iconti a posto ci avrebbe tenuto lontani in una prima fase……ma dalla crisi non si esce solo con i conti a posto….si esce ripristinando un criterio ordinatore pubblico a diversi liveli,Stato, Europa, Globo e questo lo si ottiene con un atto di decisione politica, perchè il mercato, come insegna Polanyi, è una costruizone storica. Ed il mercato globale è il frutto di una serie di decisioni politiche che iniziarono nel 1971 con la fine della convertibilità del dollaro in oro (cosa che vincolava l’emissione della moneta alla economia reale) e, dopo una pausa che ha attraversato la crisi delle economie mature a causa della saturazione dei mercati e dalla scoperta diessere dipendenti dal petrolio medio orientale, la deregolamentazione ha ripreso a correre negli anni 80 e poi negli anni 90 fino alla distruzione totale negli USa e in UK di tutta l’impalcatura messa in piedi dal liberale Kkeynes. La crisi del 2008 ha messo in crisi anche questo modello che ha dominato il mondo per 30 anni attraverso la finanziarizzazione dell’economia, finanziarizzazione che ha prodotto debito (privato o pubblico non importa). QUindi la crisi si abbatterà ugualmente se non si cambia registro rispetto alla austerità anche sui paesi che non hanno debito, in un gioco di domino che renderà queste nostre discussioni molto provinciali).
Infatti si chiama crisi dei debiti sovrani….immagino sia perché non dipende dai debiti pubblici degli stati:)
Quando arriviamo a scomodare Karl Polanyi (che per chi non lo sapesse, scriveva al suo apice negli anni ’30-’40 del secolo scorso) vuol dire che facciamo sul serio… in realtà, per tornare in tema (anche se la discussione sul debito pubblico è interessante e richiederebbe mesi di dibattito) faccio una semplice domanda: sarebbe economicamente sostenibile per uno Stato far passare il principio che le aziende in crisi (parlo del settore produttivo, non dei servizi legati ai beni comuni) vanno nazionalizzate? Dobbiamo tornare al sistema degli anni ’50-’60? Revival a manetta? Il Ministero delle Partecipazioni Statali, l’IRI etc? Ma proprio non riusciamo a pensare a qualcosa di più liberalsocialista (e che Rosselli mi perdoni se lo cito a sproposito)? Dovremmo quindi comprarci la Fiat quando Marchionne mollerà l’Italia? Guardate che se è così nel distretto dove abito, il biellese, di aziende decotte e in crisi ce ne sono una marea. Se lo Stato arriva coi bauli, contanti e piccolo taglio, abbiamo risolto la crisi. Ma l’economia sociale di mercato, che dovrebbe distinguere il modello europeo da quello liberista “alla Milton Friedman” la buttiamo nel gabinetto così?
Leggo nei commenti che qualcuno ha nominato Sapelli: se dobbiamo affidarci a lui per uscire dai problemi che attanagliano il nostro paese, allora è meglio emigrare subito.
Sapelli è l’esempio lampante di una generazione di intellettuali sconfitta, che nonostante la propria loquacità (non c’è settimana che non sforni un’intervista, un libro, un gruppo di studio, una consulenza lautamente pagata), socialmente non è servita quasi a nulla! Qualcuno mi indichi, per favore, uno scritto o un’idea di Sapelli che abbiano dato un contributo importante ed originale alla nostra società. Qualcuno mi faccia un esempio di un problema reale che Sapelli abbia individuato in anticipo, o per il quale abbia indicato una ragionevole via d’uscita. Il nostro paese è succube da decenni di questi soggetti, che alla faccia della lunga lista di titoli e della prosopopea, spesso non hanno nemmeno una reale competenza sui temi trattati. Nei casi peggiori, viene addirittura da dubitare della loro onestà intellettuale.
Ricordo che Sapelli è stato presidente della Fondazione Monte Paschi di Siena, ovvero della Banca più politicizzata e tra le peggio gestite d’Italia. Una banca che è pressocché fallita, tenuta in piedi artificalmente: da una parte per questioni di rischio sistemico, ma dall’altra anche per nascondere chissà quali scheletri nell’armadio e per non generare la totale rovina del territorio senese. Quali lezioni può dare Sapelli con questo curriculum?
Comunque, a occhio, direi che la finanziarizzazione ha generato debito privato più che pubblico…
Nazionalizzare le imprese in crisi non sarebbe né sostenibile né efficiente. Un conto è il fondo salva stati per i debiti sovrani, che è una cosa nell’interesse di tutti, altro è salvare delle imprese private in difficoltà. Possiamo alla peggio usare lo strumento degli aiuti di Stato, ma solo se le imprese in questione sono così importanti in termini di indotto da creare una questione di sicurezza e stabilità sociale, come si legge nel TFUE.
e poi finisce come con la Fiat…
Caro Paolo,
il turbo liberismo in Italia ha prodotto sin dagli anni 90′ i precari e i sotto pagati.
Ha prodotto gli utili privati e le perdite pubbliche. E altro ancora.
Tutto questo con il placet della classe politica.Eccetto i governi Ciampi e Prodi con la dismissione di numerose aziende pubbliche che niente avevano a che fare con lo Stato.
Ora il debito pubblico ricomprende quello ed altro. Ricomprende anche i redditi a 2 cifre degli anni 70/80 dei CCT,(titoli del tesoro) a fronte dell’inflazione che i vari governi Andreotti e similari accondiscendevano per sopperire alla mancanza di competitività del sistema industriale italiano. Come puoi ben capire, qui ce n’è per tutti. Ti risparmio qui, le virtù degli amministratori di alcune regioni che per la loro lungimiranza politica ed economica, hanno fatto la ricchezza (di allora) dell’Italia. Ma in particolare è dal 1985 che il debito nazionale ha cominciato a seminare la tragedia odierna. Qui un accenno:1986 relazione della Banca d’Italia,ospite eccellente Bettino Craxi.
Insomma caro Paolo, volevo solo dirti che se non incominciamo a fare nomi e cognomi, citare fatti e circostanze con date e periodi, rischiamo solo di fare dei Casini di Forlaniana memoria. Ecco, solo questo volevo dirti.
Dimenticavo: ben tornato.
Non credo che il problema del nostro paese sia il debito, il Giappone ha un rapporto deficit PIL doppio del nostro e non mi sembra messo peggio di noi. Il problema è la speculazione che i turboliberisti possono fare sul nostro debito.
Non sempre le aziende di stato hanno fatto disastri. Il miglior manager della storia d’Italia , Enrico Mattei, gestì un azienda pubblica, dando lezioni alle sette sorelle. E non è stata l’IRI a produrre la Duna.
Il Giappone ha quel debito che dici, ma notoriamente i giapponesi se lo acquistano pure, mentre lo spread sta lì a dimostrare che noi il nostro abbiamo bisogno di venderlo sui mercati, e che non ce lo comprano. L’Iri, di cui ricorderei che nacque nel ’33 per volere di Benito Mussolini e che poteva ancora aver senso in un’Italia post bellica che necessitava di mettere in piedi una politica industriale nazionale, non mi sembra un buon esempio a sostegno dell’intervento pubblico. La natura antieconomica della sua gestione è considerata un esempio di scuola, e sin dalla fine degli anni Settanta, stante il passivo di praticamente tutte le circa mille aziende del gruppo, il fabbisogno finanziario del gruppo era tale per cui gli onerosissimi trasferimenti statali non bastavano nemmeno più, ma bisognava aggiungerci il debito bancario.
Detto questo il problema è anche politico, nel senso che questa classe dirigente non ha certo dimostrato di saper operare nell’interesse del Paese, figuriamoci delle imprese e dei lavoratori. E tutta questa storia mi pare quindi caschi a fagiolo come alibi per lavarsi le coscienze dalle proprie responsabilità.
Verso la fine degli anni 70 avevo iniziato a lavorare per alcuni anni al CISE di Segrate. Era un fiore all’occhiello, uno dei più avanzati centri di ricerca dell’ENEL. Poi iniziarono col dirci che la ricerca poteva essere solo quella applicata alla produzione. Quindi, che non andava più bene una qualsiasi presenza pubblica in settori di alta tecnologia. Infine il CISE chiuse, o meglio fu assorbito e rimase solo una parte di quel patrimonio grandissimo costuito da alcuni dei migliori scienziati e ricercatori. Oggi l’industria privata non garantisce la presenza in asset strategici per l’interesse nazionale. In fondo l’intervista di Susanna Camusso dice questo.
A Puro (solo la più grossa): cosa c’è di “reale” e di sottratto alle leggi del mercato del valore (convertibile o meno) dell’oro?
Per il resto (discussione interessante): sarò renziano, sarò gianninesco, ma cosa c’è di male a vendere (se si riuscisse) beni ed aziende (giocofoza sane, Alesiro) per 500-600 miliardi di euro, al fine di abbattere gli interessi sul debito? Sarebbero ai tassi attuali 25-30 miliardi in meno ogni anno di interessi passivi sul debito. Significa che in 20 anni, sol col risparmiato, ce le si potrebbe ricomprare, volendo.
Senza parlare del ruolo attivo che può avere lo Stato nella regolazione dell’economia, senza nemmeno immischiarsi a fare panettoni o bulloni.
Vi farò solo un esempio ormai vetusto ed impraticabile, quello delle aree fabbricabili.
Una corretta pianificazione territoriale (ci sono casi, tra cui anche il mio Comune) avrebbe provveduto negli anni prima ad espropriare (in modo improprio: la procedura invece è stata quella degli accordi bonari) i terreni adatti alla pianificazione di crescita. Poi li avrebbe trasformati da agricoli in edificabili. Infine li avrebbe venduti alle famiglie ed aziende interessate.
Le modalità non saranno le stesse per altri beni trasformabili futuri, chiaro, era solo per farvi un esempio comprensibile e non più attuale, visti i problemi di consumo di territorio.
Le uniche aziende sane vendibili sono quelle che offrono servizi pubblici (tipo l’acqua). Venderle significa aumentare il costo dell’acqua e trovarci tra 20 anni a pagare per le manutenzioni non fatte da proprietari interessati a massimizzare l’utile.
In tutti i Paesi in cui si sono privatizzati servizi pubblici è andata così. Saremo noi a essere più capaci? Ne dubito…
Caro Angelo D’anna
Gli utili privati e le perdite pubbliche SONO ESATTAMENTE QUEL CHE L’UNITA’ STA PROPONENDO, RENDIAMOCENE CONTO: statalizzare le aziende in difficoltà significa accollarsene i debiti, evitando che falliscano (mentre gli imprenditori privati stornano tutto lo stornabile, per lasciare le pezze allo Stato). Ragioniamo un po’ sulle cose, vuoi? Altrimenti parliamo per luoghi comuni.
Per quanto riguarda il precariato, la cosa curiosa è che l’ha fatto la stessa sinistra che oggi tuona contro il neoliberismo: Treu ha cominciato con Dini, ma ha proseguito con Prodi. Eppure qualcosa per il mercato del lavoro in quella direzione andava fatto, solo che alla fine il patto era chiaro: dei nuovi entranti si poteva fare carne di porco, chi era già protetto, rimaneva e rimane protetto. I sindacati hanno accettato tutto, basta che tutto si scaricasse sui nuovi rapporti di lavoro. E mica s’è vista sul precariato una mobilitazione come per l’art. 18, eppure i precari l’art. 18 se lo sognano di notte. E non dico nemmeno che i sindacati dovessero togliere diritti ad alcuni per darne ad altri (una frase senza senso, ma vabbè) dico soltanto che a Campo Marzio, nel 2002, forse, dico FORSE, un sindacato che non fosse maggioritariamente di pensionati forse il problema lo presentava alla pubblica opinione, insieme, e dico INSIEME, alla difesa dell’art. 18 (se si ritiene che sia così sacrosanto).
Sarà per questo che mi rifiuto di votare PD, per questo strabismo?
PS: Cosseddu, quando scrivi post argomentati sembri un’altra persona. Decisamente migliore.
Alessandro Campi
Roma, insieme con tanti altri esempi, ti sta a dimostrare che la gestione pubblica delle utilities può essere molto più marcia del privato. Quindi non facciamone una questione di religione. Si scelga razionalmente quel che meglio, senza farsi prendere dai mali se salta fuori che il privato è l’opzione migliore.
Quel che interessa a me è che ci siano buoni servizi -anche utilities- a prezzo contenuto e possibilmente senza aggravi per lo Stato. Se un privato può realizzare questo, a me sta bene. E il privato in effetti può, se le regole sono forti, rispettabili (cioè non barocche) e rispettate. La concorrenza, se mantenuta viva (l’Antitrust è imprescindibile) è molto più potente di tanti decreti e decretini.
Certo, poi se uno prende a modello di privatizzazione la Telecom a Colaninno, è chiaro che ci si sta facendo prendere per il naso…ma un momento, Colaninno Junior dove milita, in qualche partito neoliberista? O nel PD? Ah.
Poi uno si chiede perché uno non vota per il PD…da una parte l’Unità ristampa del ’56 e dall’altra parte i furbetti amici degli amici…
Per Vico: è vero che in teoria il Giappone è messo peggio di noi (rapporto debito/PIL al 200%), ma nel breve periodo è messo meglio, nella pratica, per due motivi.
Primo: il proverbiale risparmio dei giapponesi è colossale ed in momenti di incertezza tende ad essere fatto rientrare alla base dall’estero; questo genera un naturale serbatoio di domanda (diretta o indiretta) per JGB, come vengono chiamati i titoli di stato giapponesi. L’Italia ha un buon tasso di risparmio, ma questo di per sè non è più sufficiente a generare abbastanza domanda per i nostri BTP. Incidentalmente, su questo punto ti dirò di più: alcuni operatori sospettano che nel 2011 una banca di investimento giapponese abbia seminato il panico tra i grossi fondi di investimento del proprio paese, suggerendo una liquidazione in grande stile delle loro posizioni di BTP (risparmio giapponese detenuto in forma di debito italiano). La banca di investimento aveva già assunto una posizione speculativa al ribasso e ne ha così approfittato per ricoprirsi solo dopo che l’uscita dei fondi nipponici aveva affossato i nostri BTP.
Secondo: la Banca Centrale del Giappone non ha nel proprio statuto il divieto di finanziare il debito pubblico attraverso la stampa di moneta, al contrario della Banca Centrale Europea. Ciò vale anche per la Bank of England e per la FED americana. Al momento attuale nessun investitore si preoccupa per la solvibilità di Giappone, UK e Stati Uniti in quanto essi, in caso di difficoltà, la loro rispettiva banca centrale può acquistare titoli di stato stampando moneta. In questo senso, il loro sistema è molto meno fragile. Quindi nessuno speculatore riesce, al momento, ad attaccare una simile linea di difesa. Arriverà però anche quel momento, anche (e soprattutto) per il Giappone, la cui situazione fiscale è assolutamente insostenibile nel lungo periodo. Un giorno, che non so proprio dirti se è vicino o lontano, il Giappone sarà falcidiato dal panico indotto dal pericolo di default (ciò che succede oggi all’Italia), o da un’inflazione annuale a doppia cifra, che ridurrà il potere d’acquisto dei salari e genererà instabilità sociale. Non si scappa. Io onestamente non so se vorrei essere un giapponese quando quel giorno arriverà.
Concordo appieno con gli ulrimi due post di Uqbal
@uqbal,
mi pare di non scrivere diversamente da te; nel mio commento puoi leggere ” qui ce n’è per tutti” per i danni che citiamo. Concludo anche con “i Casini di Forlaniana memoria” per riportare il senso del tema posto da Paolo ad oggi.
Raccontare l’Italia con nomi e cognomi, date e periodi, circostanze e risultanze, significa fare chiarezza davanti ai cittadini che andranno a votare alle primarie (spero vivamente) e poi alle politiche. Mi spingo ancor più in qua, per maggior trasparenza del mio pensiero, sopratutto per chi come te dubita se votare PD o fors’altri:
come puoi leggere nei commenti al post ultimo di Civati, alcuni pongono “ora” la questione di chi e con chi presentarsi alle primarie. Io dico: finalmente!
La questione non è di poco conto, perchè oltre al programma( in preparazione) indispensabile per raddrizzare la barca, occorrono anche le persone che si candidano alla gestione. Se questo non avviene, è certo che coloro che gestiranno saranno altri. Saranno gli stessi che hanno con l’azione o con l’inazione determinato, non solo ciò che denuncia Paolo, ma altro ancora. Non è un caso che ho inserito la profezia del governatore dalla Banca d’Italia del 1986. Profezia inascoltata da tutti i governi successivi. Tranne che da Ciampi e Prodi.(ucciso 2 volte proprio da coloro che vorrebbero ora statalizzare) Ai cittadini non si possono più raccontare e/o narrare delle genericità.
Di fronte allo smarrimento generale, ai cittadini dobbiamo raccontare la verità.
Anche sulle macerie di Bersani! La favola del ” non vogliamo vincere sulle macerie”, va smontata pezzo per pezzo. La realtà è che il PD, nonostante avesse preavvisato degli sconquassi del cdx, non era pronto dopo 3 anni, con un proprio programma e un’idea di alleanze per il governo. Ecco perchè Napolitano ha dovuto dare l’incarico a Monti.
L’affermazione di Bersani rivela anche, che c’era la possibilità di andare ad elezioni anticipate. Ma c’era da fare un lavoro sporco: rimuovere le macerie. Ma si sa, ormai è storia: alla sinistra tocca sempre rimuovere le macerie degli altri. L’importante è sapere da dove cominciare e per ricostruire cosa e come. Non certamente utili privati e perdite pubbliche.
Angelo
A me sembra che stai dicendo tutto e il contrario di tutto. Abbasso il turboliberismo (qualsiasi cosa sia) ma abbasso anche gli statalisti. Parli di aziende pubbliche ma dici che niente avevano a che fare con lo Stato…e che vorrebbe dire, visto dello Stato erano proprietà?
Dal neoliberismo (o turbocapitalismo, di solito sono intercambiabili) salvi Ciampi e Prodi, eppure il precariato vien da lì (meno forse da Ciampi).
Non riesco a seguirti.
Dico che lo Stato non deve produrre pomodori o macchine. Lo Stato deve investire in infrastrutture, sovrastrutture (istruzione e ricerca), e benessere (salute, ambiente e suolo) per le necessità delle potenzialità espresse e non ancora espresse del sistema-paese.
Creare le condizioni perchè tutti coloro che, liberamente, dalle proprie possibilità e proprie scelte, possano utilizzare quei strumenti per decidere cosa fare da grandi. Senza dover ringraziare nessuno.
Questa la prossimaitalia che vorrei, questo il PD che vorrei.
Dimenticavo:
per i particolari programmatici (quelli che Bersani ritiene inutili) ci stiamo lavorando.
Ciao Paolo,
seguo Popolino da un po’ di tempo con interesse e vedendo questo post volevo farti leggere alcune cose, ti chiedo di leggerle attentamente prima di condividerle oppure metterle da parte.
Nessuno qui nega che il debito pubblico (come qualsiasi debito che rischia di divenire ingestibile del resto) sia un grosso problema, ma ci sono cause precise del perché sia divenuto insostenibile (oltre alla cattiva gestione dello stesso). Perché lo è stato per più di 30 anni ?
http://goofynomics.blogspot.it/2012/05/la-spesa-pubblica-al-bar-dello-sport.html
L’Italia sta rischiando (e probabilmente andrà così, checché ne dica Monti) un default per via degli alti tassi d’interesse (tassi, nel lungo periodo, insostenibili) che si merita in parte. Il valore alto dello spread si deve a molteplici fattori:
- Enormi squilibri nelle bilance commerciali grazie ai differenziali di inflazione (vi ricordate, una moneta unica, unico tasso d’inflazione ? una baggianata) tra paesi del nord e paesi del sud. Costo dei prodotti dei paesi del nord (più forti anche per meriti loro) PIU’ BASSO di quello dei paesi del sud. Paesi del nord (Germania in testa) diventano esportatori RECORD nell’eurozona (ma non nel mondo) schiacciando le produzioni nazionali (l’Italia è ora in pareggio grazie alla recessione che ha compresso la domanda di beni).
http://phastidio.net/2011/12/13/lo-squilibrio-delleuropa-non-e-fiscale-ma-commerciale/
- Deflazione interna tedesca (maggiore competitivà sui prezzi dei prodotti), sussidiata dalla spesa pubblica:
http://goofynomics.blogspot.it/2012/03/cosa-sapete-della-slealta.html
http://gennaro.zezza.it/?p=540&lang_view=it
- Adozione della moneta unica che di fatto impedisce il meccanismo della svalutazione della moneta che “naturalmente” andava a riequilibrare gli squilibri della bilancia commerciale (ovviamente ad un costo, la svalutazione non e’ una bella cosa, ma, come successe nel 1992 [ovvero nell'euro 1.0], in casi estremi è necessaria [come ammetteva lo stesso Mario Monti]).
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/09/12/la-svalutazione-ci-ha-fatto-bene.html
http://goofynomics.blogspot.it/2012/05/1992-le-lievi-imprecisioni-del-corsera.html
- L’eurozona NON E’ un’area valutaria ottimale (l’euro e’ inadatto):
http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/jun/26/robert-mundell-evil-genius-euro
http://krugman.blogs.nytimes.com/2012/06/24/revenge-of-the-optimum-currency-area/
http://it.wikipedia.org/wiki/Area_valutaria_ottimale
http://www.econ.kuleuven.be/ew/academic/intecon/Degrauwe/PDG-papers/FT_articles/FT%201998%2002.htm (1998)
“Suppose a country, which we arbitrarily call Spain, experiences a boom which is stronger than in the rest of the euro-area. As a result of the boom, output and prices grow faster in Spain than in the other euro-countries. This also leads to a real estate boom and a general asset inflation in Spain. Since the ECB looks at euro-wide data, it cannot do anything to restrain the booming conditions in Spain. In fact the existence of a monetary union is likely to intensify the asset inflation in Spain. Unhindered by exchange risk vast amounts of capital are attracted from the rest of the euro-area. Spanish banks that still dominate the Spanish markets, are pulled into the game and increase their lending. They are driven by the high rates of return produced by ever increasing Spanish asset prices, and by the fact that in a monetary union, they can borrow funds at the same interest rate as banks in Germany, France etc. After the boom comes the bust. Asset prices collapse, creating a crisis in the Spanish banking system.”
e ancora:
“The founders of EMU have taken extraordinary measures to reduce the risk of debt default by governments. Maastricht convergence criteria and a stability pact have been introduced to guard EMU from the risk of excessive government debt accumulation. The Asian financial debacle teaches us that excessive debt accumulation by the private sector can be equally, of not more, risky. This has escaped the attention of the founders of EMU, concerned as they were by the dangers of too much government debt. In the meantime the EMU-clock is ticking, while he institutions that should guard EMU from financial and banking crises have still to be put into place. “
- Crash del 2008 di alcune enormi banche americane, ricordate il “too big to fail ?”
- Rischio sistemico dell’eurozona: La Germania ritarda gli interventi in Grecia (si poteva intervenire prima, non so quale sarebbe stato l’esito comunque) e sostanzialmente lascia fallire uno stato dell’eurozona spaventando i mercati che avevano dato una grande fiducia all’europa visti i tassi d’interesse “tedeschi” sui titoli pubblici di cui hanno beneficiato tutti i paesi (Italia e Grecia compresi). Si veda questo grafico:
http://www.economiaepolitica.it/wp-content/uploads/donato-1.jpg
http://phastidio.net/2010/04/20/ex-kathedra-2/
- Paura della caduta dell’euro moneta. I mercati spostano i capitali nei paesi del nord (ed anche in Svizzera) creando enormi squilibri (troppi capitali sono male). Gli investitori si rifugiano nei titoli di stato tedeschi (alcuni addirittura con tassi d’interesse NEGATIVI, nessuna persona di buonsenso sottoscriverebbe titoli di stato tedeschi a 2 anni con tassi negativi invece di investire in titoli di altri paesi con alto rendimento, se non per “parcheggiare” capitali per paura dell’imminente crollo dell’eurozona).
- La separazione tra banca d’Italia e ministero del tesoro che ha di fatto consegnato in mano ai mercati le sorti dei debiti pubblici nazionali, “perché lo chiede l’europa”, come confessava Andreatta sul sole 24 ore:
http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&artId=891110&chId=30
“Il divorzio aveva fatto la sua prima vittima ed era il suo autore; ma aveva dimostrato di funzionare [non proprio]. Negli anni successivi non divenne certo popolare nei palazzi della politica, ma continuo’ ad assicurare legami fra la politica italiana e quella dell’ Europa.“
http://www.youtube.com/watch?v=6e23Gaz-Jb4
Quello che tutti stanno chiedendo ora alla BCE di fare, ovvero di comprare i titoli pubblici di Spagna ed Italia, in Italia, prima della separazione, lo faceva la banca d’Italia prima della separazione.
Di libertà economica in Italia, di competizione e di regole ferree decise e gargantuesche che facciano funzionare il libero mercato come l’antitrust ce né sicuramente bisogno, però attenzione ad abbracciare teorie di personaggi che in questi anni hanno sistematicamente cannato qualsiasi previsione (mi riferisco ai vari turbo liberisti italiani, come quelli che hanno fondato il movimento di Giannino) economica per via di una impostazione ideologica che individia nello stato tutto il male possibile (vedere Ludwig von Mises, Murray Rothbard e gli altri turbo liberisti che piacciono tanto ai nostri amici di “accelerare il declino”, adepti di un certo Paul Ryan che voi conoscerete bene).
La crisi spagnola e quella irlandese, ad esempio, NON sono state causate dal debito pubblico ma dal collasso del sistema bancario privato (per via di una mostruosa bolla immobiliare creata dal capitale estero), tanto che alla Spagna facevano tutti dei gran bei complimenti, perché mentre l’attenzione degli “esperti” del Fondo Monetario Internazionale era sul solo debito pubblico quello privato ed estero (drogato dalla Germania) stava divenendo il problema principale:
http://www.tradingeconomics.com/ireland/government-debt-to-gdp (debito pubblico irlandese in vistoso calo, riacceso mostruosamente per via del salvataggio delle banche PRIVATE dopo il loro collasso)
http://www.youtube.com/watch?v=2ytB5eL5QSY
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08/03/quelli-che-colpa-e-del-debito-pubblico/315741/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/26/quelli-che-abbiamo-vissuto-al-di-sopra-dei-nostri-mezzi/307141/
http://www.tradingeconomics.com/spain/government-debt-to-gdp
http://phastidio.net/2008/03/12/zapatero-seduto-su-una-bomba-finanziaria/ (Qualcuno lo diceva nel 2008)
http://phastidio.net/2011/08/05/in-terrasanta-con-le-pezze-al-culo/
A quella della convertibilità del dollaro/oro ho interrotto la lettura, per oggi basta così e grazie mille.
cosseddu, il turboliberismo c’entra eccome, con la merda in cui siamo, perché c’entra eccome il fatto di avere avuto (e di avere tuttora) i salari lordi più bassi d’europa: cosa che succede quando i diritti sindacali non ci sono (anni ’50-60) o quando si liberalizzano le forme di lavoro (anni ’90-2000). entrambe sono manifestazioni di liberismo.
e quanto all’interessante ragionamento sul “troppo pubblico”, bisognerebbe ricordare che uno dei nostri problemi è la corruzione, che non deriva dal “troppo pubblico” ma dal troppo uso privato del bene pubblico.
Avere il carico fiscale tra i più alti, avere una spesa pubblica fuori controllo, avere inefficienza e burocrazie assurde che ci costano così tanto, avere scarsissime forme di concorrenza e di premio del merito, e anche avere troppa corruzione, perdonami, ma sono esattamente un problema del nostro apparato pubblico: dovuto alla classe dirigente che lo governa da sempre, in primis.
no, ripeto che la corruzione e le ruberie (che sono una delle ragioni principali del debito) non sono “pubblico”: sono uso PRIVATO del pubblico. il corrotto fino a prova contraria persegue un interesse PRIVATO: il suo.
sui salari bassi, non hai proprio niente da dire? peccato, sarebbe interessante. perché magari verrebbe fuori che il debito pubblico è sì colpa della corruzione (quindi dei politici), ma anche colpa di un certo sistema distorto economico e industriale (quindi dei politici, ma non solo), per cui l’unica maniera possibile per tenere a galla la domanda interna è stata la spesa pubblica. e i salari bassi dipendono anche da scelte liberiste (ti ho fatto degli esempi precisi in materia).
ps: sul merito, certo, hai ragione da vendere. però aspetto sempre che qualcuno, oltre a parlare di “merito”, mi dia anche una definizione di “merito”. altrimenti va a finire come sempre, e cioè che le uniche proposte concrete che sento per favorire il “merito” generalmente sono proposte che avvantaggiano i ricchi a scapito dei non ricchi.
Si può discutere su cosa è meglio sia comunque pubblico e cosa no, ma è evidente che non sto dando la colpa allo Stato in quanto istituzione in se, ma a chi lo amministra. Colpa che non sconta nessuna responsabilità al settore privato, con la differenza che un pessimo amministratore pubblico amministra a nome di tutti, mentre su un pessimo imprenditore, o su uno sfruttatore se preferisci, pesa un altro genere di giudizio sociale (e non dico meno grave, dico solo diverso). Però, se vuoi che continuiamo a fingere di non capirci, ok.
non proprio. il problema di un pessimo imprenditore non è “cattivo” o “soggetto a un grave giudizio sociale”, ma è quello di danneggiare (oltre alle tasche dei dipendenti) tutto il sistema economico. i salari bassi non sono un problema perché “ingiusti”, ma perché causano danni concreti.
quindi la tua affermazione di partenza “l’italia non è nella merda per colpa del turboliberismo” (affermazione che, mi spiace, è chiarissima: non sono io che “faccio finta di non capire”) è in buona parte un’affermazione falsa.
poi volendo si potrebbe discutere sull’altro pezzo del problema. non mi sogno di dire che la corruzione (e le altre cazzate della politica e del “pubblico”) sia imputabile al “turboliberismo”. però è imputabile a qualcosa di simile: un mancato rispetto delle regole che porta a privare molte persone di garanzie fondamentali.
siccome sei molto critico (a ragione) verso le cazzate fatte da uomini dello stato, e non mi pari altrettanto critico verso il liberismo, ti chiedo: visto che siamo finiti nei guai perché non ci sono state abbastanza regole e abbastanza garanzie, per il futuro bisognerà avere più regole o più garanzie, o bisognerà averne meno?