Oggi è un bel giorno: in molte città italiane i ragazzi di Prossima Italian tiran su i banchetti per raccogliere le firme. Dalla Valsusa a Napoli, passando anche per la mia Biella. Che firme? Le firme per chiedere al Pd che i suoi prossimi candidati a Camera e Senato sian scelti con primarie libere e aperte. Con qualsiasi sistema elettorale, per mettersi al sicuro dall’eventuale sopravvivenza del Porcellum, e perché anche andassero in porto il referendum abrogativo o altri (realisticamente improbabili) tentativi di riforma sarebbe comunque una grande occasione di partecipazione e democrazia: scegliere i parlamentari come si scelgono i sindaci, con lo stesso rapporto col territorio e lo stesso dovere di render conto ai loro elettori. Una rivoluzione, mica cazzi.
Che se ci pensate ha anche un suo senso: visto che non si potevano avere prima le elezioni, pena l’apocalisse con tutti i suoi bravi cavalieri, allora vengano Prima gli elettori, che poi è il nome della petizione. Vada come vada, questo Governo avrà un termine, e se arriverà a fine legislatura tanto vale iniziare ad attrezzarsi: chiedere le primarie, ottenerle, normarle, organizzarle, farle. Un sacco di roba, c’è mica da star con le mani in mano. Se invece questo Governo finirà prima, beh, a maggior ragione non c’è tempo da perdere.
Perché il Pd le farà ancora, le primarie, giusto? Perché in Italia si faranno ancora, le elezioni, giusto? Ecco, e allora andate a scaricarvi il modulo, e datevi da fare pure voi.
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Tu quoque, Paolo: “su” (in “tiran su”) va senza accento, che diamine.
E scusa se il primo commento non riguarda il lodevole merito dell’iniziativa Prima gli elettori.
(Ti va dato atto, peraltro, del fatto che scrivi in modo corretto, efficace ed elegante, diversamente, per dire, dal fantasmagorico Sofri, che torce l’italiano fino a farne un personale idioletto).
Auguri per tutto.
Grazie, hai ragione, correggo e mi cospargo il capo di cenere.
Caro Pop,
sono da un po’ in disaccordo con i temi e toni di certi tuoi ultimi post (vedi quello su Berlusconi), e ho anche la sensazione che tu ti stia vestendo di un’aggressività che non avevi, mi pare, agli esordi di questo blog (vedi alcune prese di posizione su Mario Monti o Enrico Letta). Non meno, lascia che ti dica che essere blokkkati da Rosanna Santonocito, che non solo scrive blokkkati su un account del Sole 24 ore ma che lo scrive a 50 anni, e che cita con serietà Paulo Coelho – voglio dire, il Fabio Volo do Brasil – be’, è una medaglia da portare al petto e lustrare ogni giorno insieme al proprio orgoglio.
Per il resto, non perdere lucidità, mi raccomando, che ne hai da specchiarti, quando vuoi. Ciao.
Sì, pure io, nell’istante in cui la signora che citi mi ha blokkato, ho avuto la sensazione che si trattasse di un momento memorabile della mia vita. Soprattutto perché, ironia, lei era tra i mei follower ma io non ero tra i suoi. Bah.
Detto questo,oltre a ringraziarti per i complimenti, e pur prendendo nota delle osservazioni, ti chiedo: sicuro che nel bel mezzo di questo coro d’angeli che giunge da ogni dove non sia il caso di mantenersi cattivelli, anziché unirsi e intonarsi? Secondo me, ne riparliamo tra non molto: le cose andranno a maturazione in fretta, o almeno così credo.
Un abbraccio.
Mi duole quisquiliare (per rimediare stamperò il modulo e cercherò di riempirlo) ma “sù” con l’accento è perfettamente legittimo per distinguere l’avverbio (Einaudi, per dire, scrive da sempre «sú, coraggio!», pure con l’accento acuto sulla u) dalla preposizione, la quale è atona, o meglio proclitica.
Narno ha ragione, ho verificato.
Resta il fatto che pressoché nessuno ormai usa accentare “su” quando è un avverbio. Per citare un esempio autorevole tanto quanto quello einaudiano, Adelphi non accenta mai “su”. Non ho controllato tutte le altre case editrici, of course, ma potrei giurare sulla base della mia esperienza di lettore e di editor che una larga maggioranza non accenta. Detto questo, detto cioè che è una forma piuttosto desueta, è vero: “tirano sù” non è errore. Grazie, Narno.
SP