L’antipolitica l’hanno inventata i sardi, lo sapevate? O forse no, è un po’ come la faccenda degli spaghetti, è una paternità troppo diffusa per essere attribuita con certezza. Però c’è questo precedente letterario che è piuttosto datato e interessante: si intitola Su patriotu sardu a sos feudatarios, meglio noto come Procurade ‘e moderare. E’ stato scritto più o meno nel 1794, diventando rapidamente una sorta di inno di emancipazione: comprensibile, in una terra che, lungi dall’essere protoleghista, ha sempre avuto ottimi motivi per coltivare, nei confronti di invasori più o meno dichiarati, la propria differenza e diffidenza.
E’ un canto di rivolta, essenzialmente contro i feudatari piemontesi, ma buono in realtà per tutte le stagioni, e per tutti gli oppressori. Ebbe un grande revival settant’anni dopo, quando Quintino Sella mandò l’esercito a impiccare quelli che non pagavano la tassa sul macinato (di fatto, il primo studio di settore della nostra storia patria), E non a caso, in tempi successivi, ci fu chi provò a soppiantarlo con un inno ufficiale decisamente più conciliante, scritto probabilmente da un Apicella dell’epoca.
Conservet Deus su Re / salvet su Regnu Sardu
Dio conservi il Re e salvi il Regno Sardo. Certo, come no.
Procurade ha resistito ai tempi e ai tentativi di contraffazione, ed evidentemente è ancora abbastanza attuale da prestarsi bene anche a interpretazioni più moderne. Quella che secondo me è la sua forza è la sottigliezza con cui, in tempi solo apparentemente più barbari, due secoli prima che montasse l’odio contro la casta, il vaffanculo, e tutta l’escalation linguistica che ne segue, Francesco Ignazio Mannu graziosamente scelse le parole da usare per mandare sostanzialmente lo stesso genere di messaggio:
Procurade ‘e moderare / barones, sa tirannia
Ovvero, cercate di moderare, baroni, la tirannia. Cercate, capito? Per piacere. E poi, dopo un paio di righe:
e cominzat sa passienzia / in su pobulu a mancare
Cioè, comincia la pazienza nel popolo a mancare. Che infatti il barone lì per lì si trova a pensare però, che gentili, che belle persone questi sardi. Non ha mica capito. Immaginatevi un contadino, mentre dice queste parole, l’espressione che fa, il non detto, il linguaggio del corpo:
mirade ch’est azzendende / contra de ois su fogu
Chiaro, no? Guardate che si sta accendendo un fuoco, contro di voi. Devo fare un disegno?
mirade chi no è giogu / chi sa cosa andat ‘e veras
mirade chi sas aeras / minettana temporale
Oh, barone! Via quel sorriso ebete: guardate che non è un gioco, che la cosa è seria, che l’aria minaccia temporale. Che non so a voi, ma è una roba, un tono, che a me mette i brividi. Equivale a qualcosa del tipo: oggi ve lo stiamo dicendo gentilmente, ma occhio che domani…
Fossi il barone, preferirei di gran lunga farmi mandare affanculo. Decisamente.
eh eh, i più convinti indipendentisti ti contesteranno che quel pezzo però legittima la sottomissione, in qualche modo
A me tanto moderata non pare, peraltro ho saltato altri versi decisamente meno teneri. Ma non faccio fatica a pensare a qualcuno – intendo tra le mie conoscenze in loco – che comunque la troverebbe troppo poco combattiva (e nemmeno tu, immagino).
Oggi ho letto quanto costa la sanità dei nostri governanti, compresi amici e parenti, naturalmente.
Dal mio punto di vista sono già a Robespierre per tutti, per quelli che si sono aumentati la retribuzione, mentre la calavano al popolo, per quelli che si oppongono a tutto, mai ai loro interessi, per l’informazione che tace, tutta, per tutte le caste: politici, sindacati, banche ecc.
Non avrei alcuna pietà nel liberare la lama, nonostante abbia intenzione di diventare vegetariano, perché mi spiace veder uccidere tanti poveri e onesti animali.
E’ stato superato ogni limite, non c’è più limite, spero che quanto è successo ieri a Roma sia un detonatore. Aspettare il 2013 per cosa? Per andare ad elezioni alle stesse condizioni, magari con una legge elettorale nuova. Ma perché? Non cambierebbe nulla, i ladri non hanno colore.
Fausto, chiariamoci una volta per tutte: se è come dici tu, se sono tutti uguali, sì insomma se rubano tutti, siccome tutti equivale a dire proprio tutti, allora sei un ladro pure tu. E quindi i casi sono due: o ti è mancata l’occasione, la determinazione, oppure hai torto, non sono affatto tutti uguali. Dire sono tutti uguali infatti equivale a dire: sono – loro – tutti uguali, tranne me. Oppure, è un lapsus, e intendevi siamo: siamo tutti uguali. Nel primo caso, anche riconoscendoti tutta la stima che vuoi, mi pare che tu abbia un giudizio di te stesso un po’ sproporzionato. Nel secondo, se vuoi tagliar teste, sappi che però le devi tagliare tutte, e per ultima la tua. Libero in casa tua, come si dice, ma io preferirei tentare altro. Tipo che quando c’è carenza di democrazia allora è il momento in cui ne serve di più, non di meno. Magari tenendola sulle spalle, la testa. E che nella situazione in cui siamo ci hanno messo molti di quelli che dicevano esattamente – ma proprio esattamente – le cose che dicevi tu. Le diceva Emilio Fede, tu sei come Emilio Fede? No? Ecco, abbi pazienza ma nemmeno io.
Stento a seguirti, forse non sono in grado, forse non serve.
Si, tutti i politici sono disonesti, sono disonesti ogni volta che ritirano la busta paga, ogni volta che sfruttano i privilegi. Diffido di chi vuole entrare in politica e non vuole:
Una decisa riduzione delle retribuzioni e dei privilegi
Una nuova legge elettorale
Una seria legge sul conflitto d’interessi
Un termine delle legislature (due al massimo)
Un totale e comune rispetto dell’articolo 3
Credo che non siano pochi quelli che condividono le mie idee, lascia perdere emilio fede, usare le parole con l’uncinetto, confonde le idee, ma non le cambia.
Eh, ma allora non sono tutti uguali. E io non sferruzzo affatto con le parole, uso solo le leggi della logica, e per quelle non c’è condono o legge ad personam. Il fatto è che, per una persona della tua intelligenza, a volte dai tuoi commenti pare che hai scambiato questo blog per un bar, e non ti rendi conto che qui non devi convincere nessuno, casomai non farebbe male un di più di analisi. Cui “tagliategli la testa”, sfortunatamente, non corrisponde, al massimo fa tanto regina pazza alla Lewis Carroll. Che non finisce bene neanche lei, lo sai.
“Tagliare le teste” era chiaramente un’allegoria, sono un animalista convinto.