Ora, se la memoria non mi inganna, fu più o meno un anno fa che, con un gruppo di sparuti, coraggiosi democratici presentammo in assemblea nazionale del Pd un ordine del giorno che chiedeva il rispetto di una delle regole contenute nello Statuto stesso del partito, quello sul limite dei tre mandati. Una norma che è deroga di se stessa medesima, come dimostrammo con un’efficace infografica elencante eletti al terzo, quarto, quinto, sesto, settimo e signori ebbene sì finanche ottavo mandato.
Una norma che è un buco con una deroga intorno, insomma, ma un buco grosso, con gli anziani ai bordi che sorvegliano i lavori, seduti dai loro scranni parlamentari. Ci aggirammo, vagando per la platea che ci ospitava, tra delegati sparuti e diffidenti, timorosi di firmare un foglietto che ristabiliva la legge, ma che avrebbe potuto irritare i buchi del culo di quelli a cui così profondamente e da così tanto tempo lo stavano umettando, e rinunciammo poi in attesa di tempi migliori.
Non è dato sapere cosa sia successo nel frattempo: apparentemente nulla, almeno fino a una settimana fa, quando improvvisamente anche i cuccioli preferiti dal padrone hanno iniziato ad mostrare i denti, riunendosi tutti nell’insensata cagnara che da Pesaro ho con stupore mio e vostro avuto il privilegio di poter documentare.
Oggi leggo che alcuni di questi coraggiosi emuli dello Zio Tom hanno addirittura presentato un disegno di legge che obblighi i parlamentari a non ricandidarsi dopo tre mandati. E non so bene cosa pensare: se fossi malizioso sarei portato a credere che tutti costoro non hanno ricevuto le rassicurazioni che, chissà, forse si attendevano, vuoi per l’onorato servizio, vuoi per le loro spiccate doti di leadership, a proposito del ruolo che ricopriranno quando, si spera presto, cadrà questo Governo e si andrà a votare aprendo il capitolo di una nuova legislatura e di un nuovo Parlamento.
Questo se fossi malizioso, cosa che ovviamente, ci mancherebbe, per carità, todos caballeros. Anzi, nel caso, sarei davvero dispiaciuto per loro, non riesco nemmeno a esprimere bene a parole cosa provo in questo momento, ma appena finisco di rotolarmi ci provo, giuro.
Comunque, ehi, va benissimo, bravi, dio vi benedica: meglio tardi che mai, e del resto è normale che in una grande classe (già che parliamo di questione generazionale) il programma si rallenti un po’ per far recuperare anche gli studenti più duri di comprendonio.
La notizia è che alla prossima assemblea nazionale – che non si convoca da mesi, tra l’altro – noi ritiriamo fuori i vecchi moduli, per proporre che, in attesa di una legge dello Stato, almeno nel Pd sia rispettata quella che c’è già.
E cazzo, non vedo l’ora.
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personalmente sono per tornare alle regole che nei ds c’erano e cioè per i due mandati, come regola di partito, con possibilità di un terzo solo con votazione espressa delle assemblee competenti, ma prevedendo delle deroghe per un ristretto gruppo dirigente nazionale (il cui rinnovamento va praticato diversamente) e per particolari competenze parlamentari. questa volta però sulla proposta di legge ti do ragione e rincaro la dose. la logica evidente è: voi capi minacciate il dimezzamento? e noi peones vi mandiamo a casa! tutto virtuale naturalmente, ma a giocare con il fuoco si rischia tutti di scottarsi e di dare pesantemente spazio al più bieco antiparlamentarismo.
Andrea, la deroga alla regola deve stare come la panatura alla cotoletta: la vogliamo sottile, la vogliamo più spessa? Parliamone. Ma qui taglia e taglia è tutto pan grattato fritto, la carne non c’è proprio.
Lo statuto parla chiaro ed andrà fatto rispettare. SI parla di deroghe al massimo del 10% rispetto ai membri del PD eletti alla tornata precedente, sono 30 persone massimo.
Parlo delle politiche, ovviamente.