Questi sono i titoli nell’home page dell’Eco di Biella in questo momento (in realtà alcuni sono lì da giorni, superati in obsolescenza solo dai risultati elettorali nei Comuni, casomai uno che abita a Casapinta non sapesse come mai i seggi erano aperti dieci giorni fa).
- Tenta furto in casa poi si nasconde al bar
- Ruba abbigliamento e scappa:arrestato
- Ruba un portafogli, in cella ad Albenga
- Spacciava eroina in pieno giorno
- Preso il ladro delle elemosine
- Chiuso centro massaggi abusivo
- Vende birra agli ultrà, paninaro denunciato
E’ giusto precisare che ho gestito gli aggiornamenti di questo sito fino a dicembre: ne parlo senza fini personali, ma ognuno è libero di pensarla un po’ come gli pare.
Tornando alla questione: taccheggiatori, ladri di portafogli, furti di spiccioli, in una città in cui il crimine c’è molto meno che in quasi tutto il resto del Paese, trovano uno spazio fin troppo puntuale sulla stampa locale, come a dire che non essendoci abbastanza omicidi efferati si lavora con quel che c’è, e quindi spazio alla microcriminalità.
E’ giusto? E’ corretto incattivirsi sui ladri di polli e condannarli alla gogna mediatica, su carta e in rete, dove peraltro l’articolo resterà in eterno?
Non dubito ci siano persone così malate e morbose da godere nel leggere del ladruncolo sputtanato a vita, ma è il caso che giornalisti professionisti si regolino in base al criterio “a morboso, morboso e mezzo”?
Un uomo ruba dei capi di abbigliamento: qual è il valore di questa notizia? In che modo informa il lettore? In che modo al lettore è utile saperlo?
Perché un grande gruppo commerciale può realizzare impunemente una disgustosa e gigantesca operazione speculativa costruendo un mostruoso centro commerciale inutile, deserto e dannoso alle porte della città, mentre un abusivo deve finire in cronaca, specificando a chiare lettere che è cinese, o romeno, o marocchino, o almeno meridionale (o sardagnolo, come alcuni graziosamente dicono da queste parti)? Forse perché il centro commerciale paga fior di pagine pubblicitarie?
E poi: sono queste le notizie importanti a due settimane da un voto che per la prima volta ha ribaltato maggioranza e opposizione in città? Son queste “tutte le notizie che meritano di essere pubblicate”, come scritto sulla testata del New Yor Times?
Detto questo, se stessimo parlando di giornali sani e vitali, con bilanci a posto, copie in crescita, capacità di incidere sulla vita della città, insomma questi sarebbero argomenti a cui è difficile ribattere: è un giornalismo becero, ma se vende, tanto basta (in realtà no, ma ci siamo capiti).
Invece questi giornali annaspano: e quindi si tratta solo di razzismo, di perbenismo ipocrita, di opportunismo, di prepotenza. Ma soprattutto, visti i risultati, di ottusità.
Purtroppo hai ragione. Tu ha osservato la qualità dell’informazione dell’”Eco” io nei mesi scorsi ho constatato che per “Il Biellese” la situazione è analoga se non peggiore. Ma se c’è un problema di chi informa, vi sono altri due livelli da analizzare: chi comunica cosa e la dinamica dei mezzi d’informazione con i loro clienti. La notizia scandalo, la polemica fa vendere, il confronto sui problemi seri, tante volte non fa neppure notizia e sicuramente non incrementa le vendite. La strada da percorrere per coniugare giornalismo di qualità e successo commerciale è difficile da percorrere, ma sarebbe la vera per dei giornali che vogliano uscire dalle secche in cui stanno arenandosi.
Paolo Gallana
Sinceramente non saprei davvero cosa aggiungere a quanto già detto a chi dichiarava di aver combattuto grandi battaglie civili facendo spostare i cartelloni dei decessi, a chi si sente benedetto da Biagi a chi non capisce ma gli va bene perchè aspetta la pensione etc etc etc…
come già ipotizzato le linee editoriali vengono dettate da criteri diversi da quelli del giornalismo scomodo, d’assalto o di denuncia, ovviamente tralasciando quello non rimane che il piccolo cabotaggio di chi tira a campare; che sia giusto o meno è una domanda retorica, a meno che qualcuno non sia disposto a finanziare un fogliaccio qualsiasi in grado di vendere di più e dimostrare, a chi sembra portare comodi paraocchi, che le leggi di mercato, in termine di acquisto di valore aggiunto, valgono persino per questa muffosa provincia in apnea e che lo stato attuale delle cose non garantisce “ab omnibus rebus” status e tranquillità finanziaria.
A.
M.c., tu sei troppo avanti. Per gli altri, si riferisce all’espressione di uso non più molto comune ma taaanto suggestiva “a pignolo, pignolo e mezzo”, che vuole dire “occhio a fare il precisino ché trovi sempre uno più precisino di te”. Qualche anno fa era diventato un tormentone sul Foglio, che noi 4 invasati della politica leggiamo di nascosto da amici e parenti, i quali non capirebbero (o comunque sarebbe lungo da spiegare).
già sai come la penso, manca solo che gli si vada a scrivere sotto gli uffici un bell’ “OTTUSI” sull’asfalto…
scrivo solo per segnalarti che secondo me “A morboso, morboso e mezzo” l’abbiamo capita in non più di 4, ai quali propongo, una di queste sere, una birra…
bye
m.c.
quanto hai ragione..dannatamente vero.
Qui Fidenza, idem con patate. Che tristezza, che vergogna…
Francy
Vivendo lontata da Biella, utilizzo quotidianamente i siti internet locali per tenermi aggiornata.
Ultimamente quello citato è realmente poco utile, con il risultato che lo guardo sempre meno, a favore di altri (tra cui il tuo blog, Paolo).
Credo che le “non notizie” di furti di abbigliamento, portafogli e “polli” facciano quest’effetto, anche se in una provincia in cui la lega fa boom comprendo la tentazione di perseguire codesta linea editoriale.
Certo è che il buon giornalismo tira, fa vendere i giornali, guardare i siti.
Basta pensare al caso del Daily Telegraph e dell’inchiesta sui rimborsi spese parlamentari.
Sarà il pubblico a decidere se questa linea editoriale deve essere premiata o meno.
I click non mentono e non sono politicizzati.
ARA (Anna Rita Arborio)
Vi leggo che scrivete di “linea editoriale”, il che prevederebbe un processo, una strategia che, per quanto ne so, a Biella non è ancora avvenuto (e non solo a Biella, eh?)
A internet bisogna crederci. E in Italia forse ci credono sul serio in due, Repubblica e il Corriere, disposti a spendere in contemporanea col giornale i loro scoop, a regalare contenuti extra, a studiare contenuti dedicati solo al web. Perfino “il Giornale” che ha un dignitoso sito web, ha una redazione di tre persone, chiusa (salvo emergenze) di sera e nei weekend. Come dire, abbiamo il sito perché “bisogna”, ma non ci crediamo.
Figuriamoci a Biella, dove una redazione web non esiste (esisteva fino a dicembre, come ho scoperto da Paolo) e l’aggiornamento è affidato soprattutto alla buona volontà della redazione. Che però ha in testa i ritmi di un bisettimanale e non di un quotidiano. Così, se si escludono elezioni ed eventi sportivi, i servizi corposi compaiono due volte la settimana e sono gli stessi del giornale di carta (salvo fare come Eco che aggiunge: i particolari nel giornale in edicola. Repubblica, della graziolina intervistata in esclusiva, ha messo il video in contemporanea con la pubblicazione su carta…). Per il resto che cosa offre l’aggiornamento quotidiano? Il mattinale della Questura, frutto del giro di nera di ogni mattina. Non è linea editoriale, salvo definire tale lo sforzo di metterci qualcosa ogni giorno “perché bisogna”. E, se non cambia la testa degli editori, difficilmente si avrà di meglio online…
scusate la prolissità, molto poco consona al web
canna
quasi dimenticavo
partecipa anche tu al simpatico google game sul sito del mio vecchio giornale, che per guadagnare qualcosa si è iscritto alle inserzioni automatiche del motore di ricerca multinazionale. Il quale, ovviamente, non filtra ma si limita ad agire per assonanza. Così per esempio, accanto alla notizia della lite tra vicini, sulla pagine del giornale online diocesano compare la pubblicità di uno studio legale esperto in divorzi…
vedi che di programmazione e di linea editoriale non c’è traccia?