Poiché le cose cambiano in fretta, di colpo anni e anni di dibattito su come conquistare l’elettorato moderato mi sembrano, francamente, lontanissimi. Alla prova dei fatti, il terzo polo di cui parlavamo non è mai esistito, in compenso alle ultime politiche se ne è manifestato uno ben più consistente: quando mai l’Udc di Casini o Scelta Civica avrebbero potuto ambire al 25 per cento? Nemmeno nei loro sogni più sfrenati. Il Movimento 5 Stelle ci è arrivato al primo colpo, anzi, al primo e ultimo, se continuano così.
Quei dieci milioni di voti, che entrano ed escono dall’astensione, si manifestano in contemporanea con l’inevitabile crisi della destra: Berlusconi è ancora un leader fortissimo, ciò nonostante alla fine, se non della sua carriera, della sua pur lunga aspettativa di vita. E servirà un decennio, alla destra, per ricostruirsi decentemente dopo che Berlusconi non ci sarà più. Finché c’è lui, è l’unico motivo per cui ne parliamo ancora, ma nemmeno a lui sarà più possibile ripetere i risultati del 2008: il declino è conclamato.
Quindi, io la vedo così: se il Pd è un partito potenzialmente in grado di prendere il 40 per cento – e io penso che lo sia davvero – ci può arrivare guardando a destra, verso i cosiddetti delusi del centrodestra, oppure guardando a sinistra, verso quelli che ci hanno mollato per votare M5S. Che sono tantissimi e che, come dimostrato alle ultime amministrative, sono molto più propensi a spostarsi di nuovo (o a stare a casa, che sarebbe un peccato).
Grillo, rispetto a Berlusconi, ha costruito il suo partito sull’acqua, e il suo consenso sulle sabbie mobili. Tre mesi fa eravamo preoccupati di lasciare al M5S uno spazio sterminato, quello dell’unica opposizione nel Paese, ma i grillini non sono con tutta evidenza in grado di sfruttarlo. Quel monte di voti è quindi scalabilissimo, dipende solo dal Pd.
E siccome oggi tutti i partiti sono mere scatole, scatole vuote che valgono a seconda di quel che gli viene messo dentro, riempire il Pd in un modo o in un altro non è indifferente: non lo è ai fini del risultato, e non lo è per i personali gusti miei e degli elettori di sinistra di questo Paese. Il Pdl, in quanto scatola, mantiene una certa attrattiva se dentro c’è Berlusconi, in caso contrario vale molto meno, anche la metà, anche meno della metà; il M5S ha goduto di una breve e certamente clamorosa sopravvalutazione, ma senza Grillo in prima linea e senza una finalizzazione molto concreta dei suoi progetti di cambiamento, è molto meno interessante, e soprattutto è del tutto incapace di gestirsi.
La scatola del Pd, per piacere ai delusi della destra, deve darsi un’immagine – anche superficiale – attraente per quel tipo di acquirente, ma non solo, deve comunque rispettare anche nel contenuto ciò che l’elettore di destra si aspetta di trovarci dentro. Che va benissimo se parliamo di equità fiscale o delle riforme liberali che loro non hanno mai davvero fatto e che toccherà fare a noi, ma va meno bene se per attirarli ci tocca adeguarci a un certo relativismo morale che più di ogni altra è stata la cifra del ventennio berlusconiano: o almeno, a me va meno bene, molto meno. Ed è vero, in una logica bipolare, e fino a pochi mesi fa forse non ci sarebbero state alternative. Ma oggi viene da chiedersi chi ce lo faccia fare, visto che dopotutto è disponibile un 25 per cento di voti che per tornare nella nostra scatola chiede solo una sinistra più aperta, meno ambigua, più fedele ai propri valori ma più moderna e attenta a quel che si muove nella società. Una sinistra di governo, ma nettamente alternativa alla destra. Che non ammuffisca nel classismo o nei rapporti con le storiche cinghie di trasmissione, ma che sia laica e trasversale nella società, intercettando lavoratori dipendenti, precari, partite Iva, creatori d’impresa che credono nello sviluppo più che nella speculazione. Che mantenga gli impegni che prende. Perché non è mica più vero, che si vince al centro, quelli erano gli anni ’90, gli anni di Blair, le teorie di James Carville, e pure i nostri politologi dovrebbero darsi un’aggiornatina ogni tanto: quel che è successo negli ultimi anni in molte delle grandi democrazie occidentali, da Obama in giù, è che si vince portando a votare i propri elettori. Quella era una visione, e ha funzionato, aveva senso vent’anni fa, ma poi nuove visioni si affermano, e rimpiazzano quelle che sembrano verità acquisite, che semplicemente non funzionano più. E continuare a sostenere che bisogna ammassarsi verso gli avversari è un concetto superato, è come dire che QuarkXpress è il miglior programma di grafica editoriale: i tempi cambiano.
Con un certo tipo di leader, un Pd che parla ai delusi della destra può valere il 40 per cento, dicono i sondaggi. Io penso che, con un altro tipo di leader, un Pd che – banalmente – fa il Pd può valere il 40 per cento senza per questo dover attirare i delusi della destra: perché li recupera lì dove li ha più vicini, a sinistra, come il risultato di Grillo ha dimostrato: e io non penso davvero che alle ultime elezioni il Pd non abbia vinto perché non ha parlato agli ex elettori del Pdl, penso che non abbia vinto perché è stato vaghissimo sulla sua idea di Paese, perché si è fatto fregare da sinistra temi che ha sottovalutato, e semmai perché non è stato sufficientemente alternativo ai suoi avversari. Quel che non penso, invece, è che si possa fare l’una e l’altra cosa insieme, attirare da un lato e dall’altro, nemmeno con un forte strabismo: si tratta quindi di fare una scelta, scegliere un leader che guarda di là, o sceglierne uno che guarda di qua, dove purtroppo non guarda quasi nessuno. Che non è strabismo, è cecità, ma non è così strana se si pensa che la nostra classe dirigente e l’opinione pubblica italiana hanno passato gli ultimi due decenni a ragionare in termini di Berlusconi e D’Alema. Senza particolari risultati, ma anche fosse lo scenario è cambiato, quello schema lì è morto e sepolto: basta osservare, cambiare prospettiva. Voltarsi, quando i nostri elettori chiamano.
Per quel che mi riguarda, quindi, quel leader c’è, c’è chi potrebbe fare il segretario del Pd con quello spirito, riportandoci dentro tutta la roba che in quella scatola doveva starci sin dall’inizio, che è un sacco di roba davvero, è una quantità impressionante e di cui nessuno si interessa. Quel leader c’è, anche se ancora in nuce. Ma i leader si costruiscono, e di questi tempi si costruiscono pure in fretta.