E’ uscita in questi giorni per Planeta DeAgostini una riedizione di Killing Joke, operetta tragicomica che negli anni Ottanta contribuì – assieme a Watchmen, Dark Knight e pochi altri titoli – a ridefinire il fumetto supereroistico. Quasi rinnegata da Alan Moore, lo sceneggiatore, è invece una delle rare storie lunghe di Brian Bolland, eccezionale illustratore che nel tempo ha preferito concentrarsi soprattutto sulle copertine.
E’ stato infatti lui il motore principale di questa nuova edizione, che non è una semplice ristampa, ma porta il media fumettistico nello scivoloso territorio del director’s cut. Bolland, infatti, non si è mai detto soddisfatto dalle scelte cromatiche fatte dal colorista dell’epoca, per non parlare delle diverse tecniche di stampa di un periodo precedente al digitale e ai computer. Così, ha chiesto e ottenuto di ricolorare l’opera, ricavando le matite inchiostrate – essendo gli originali ormai dispersi fra i collezionisti – con un complesso sistema di scansione.
Come mostrato ad esempio da PopCultureShock, i risultati sono alterni, almeno secondo il mio giudizio. Ma non è questo il punto: la pratica della ricolorazione è ormai abbastanza diffusa, e riguarda tutti quegli artisti la cui opera continua ad essere moderna e un punto di riferimento anche a decenni di distanza, ma la cui colorazione originale è al contrario invecchiata molto male, così gli editori si trovano a dover scegliere se ripubblicare in bianco e nero (scelta che personalemnte preferisco) o ricolorare. Malgrado i progressi tecnici, non sempre il risultato è buono: ho in mente certe cose di Jack Kirby che ne hanno giovato, e altre di Neal Adams venute piuttosto male.
Il caso di Killing Joke si distingue per il dettaglio non trascurabile che Bolland, messo di fronte alle tavole, deve aver pensato che alcune non non lo soddisfacevano più. E quindi le ha ridisegnate: ieri sera facevo il confronto con la vecchia edizione Play Press (per combinazione mentre la tivù era accesa su Blade Runner versione director’s cut) e ne ho beccata una completamente rifatta; in un’altra ha aggiunto un personaggio, in molte ha rimesso le mani aggiungendo o togliendo piccoli dettagli.
Ne ho parlato con uno che ne capisce, e il suo commento è stato: "certo che se dopo vent’anni ci mettiamo a fare i director’s cut anche dei fumetti… che senso ha?".
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