Da qualche tempo è possibile ordinare Theology – Live at the Sugar Club, il nuovo lavoro su doppio supporto – cd e dvd – dell’unica fissazione che mi trascino dietro da quando ero ragazzo, Sinéad O’Connor. Il live non sarà messo in vendita nei negozi, saranno stampate duemila copie che si potranno acquistare solo on line: al suo interno, una decina di pezzi eseguiti in una serata per un pubblico di fans duri e puri, un anticipo di quello che poi è stato il suo ultimo album – Theology, appunto – che doveva rinverdire i fasti di quel capolavoro di Universal Mother (ed invece si è rivelato abbastanza una delusione, pur se meno scandaloso di altri suoi lavori recenti). In realtà, Theology era già stato presentato, a tradimento, due o tre anni fa in un concerto truffa a cui ho avuto la sfortuna di assistere a Milano, in un teatro Smeraldo in gran parte vuoto: la cantatrice non più tanto calva si presentò avanzatamente incinta, accompagnata da un solo chitarrista acustico, e in un concerto di circa 40 minuti infilò gran parte del disco che nessuno di noi presenti aveva mai sentito. L’enorme spazio vuoto faceva rimbalzare il suono alle nostre spalle creando un allucinante effetto eco, mentre l’accompagnamento troppo scarno e il suo stile canoro ormai irrimediabilmente whispering rendevano tutto nosioso e ovattato. Dopo neppure tre quarti d’ora di quel supplizio, tanti saluti e basta così, scusate ma avrete notato il pancione, non ve l’avevano detto in prevendita? All’uscita, chi era capitato lì senza sapere bene cosa aspettarsi continuava a non sapere bene cosa pensare. Noi quattro gatti che la seguiamo da sempre, e che in tanti anni ne abbiamo già sopportate tante, di sue stronzate, eravamo basiti, benchè chi segua Sinéad dovrebbe essere sempre pronto a tutto. Per chi la ama è un dolore senza fine, per il resto del mondo invece è solo un ricordo sempre più sbiadito, un aneddoto su “quella matta pelata che negli anni ’90 causava tutte quelle polemiche”, una hit che non la rappresenta da infilare nella top 100 romantica di Mtv Hits. Così si logora, in una lenta agonia, la stessa artista che vent’anni fa cantava così, e che si seguiva con amore pur essendo una lunatica rompiballe. Oggi scrive cose insignificanti, canta come un randagio asmatico (per scelta pazzoide, mica perché le sia sparita la voce), ed è sempre una lunatica rompiballe. E per questo si è sempre meno disposti a sopportarla. Una prece.
This is the last day of our acquaintance
I will meet you later in somebody’s office
I’ll talk but you won’t listen to me
I know what your answer will be