2 AGOSTO 2011

La legge della giungla

La notizia del momento nel bel posto in cui vivo, alcuni giorni fa, riguardava una tizia che si è dimenticata due cani in appartamento. Molto a lungo, giorni e giorni. Le due povere bestiole sono morte, di sete e di fame, e sono state infine rinvenute dopo un’irruzione sollecitata dai vicini disturbati dal fetore della putrefazione. Terribile.
La notizia del momento nel bel posto in cui vivo, proprio adesso, è la nascita su Facebook di gruppi molto incazzati, che scrivono cose altrettanto terribili, e che fanno temere che la situazione precipiti. Questa sera, un centinaio di loro, si sono trovati di fronte al bar gestito dalla tizia, per manifestare tutto il loro sdegno. Per fortuna, non è successo niente: ve lo racconterà, quel niente, il giornale di domani.
E dopodomani? E se la ragazza uscisse dal bar, per affrontare i suoi accusatori? E se volassero parole grosse, e poi uno spintone? E poi?
Questo è il punto in cui dico: io ho un cane. Thabo, nome sudafricano, in onore di un giocatore di basket che passò da queste parti e che alcuni ricorderanno. L’ho preso al canile, levandolo da una situazione complicata. E infatti è un cane complicato, ma dolcissimo, e vivo con lui una relazione quasi simbiotica. E’ una compagnia che non avevo mai avuto, per trent’anni, e oggi mi sembra una cosa impensabile farne a meno: mi ha dato tanto, e spero di avergli restituito abbastanza.
Il bel posto in cui vivo è Biella, mondo, ed è lo stesso in cui viviamo tutti. Tempo fa ho visto un filmato in cui un ragazzo veniva pestato a morte da una folla inferocita per essere stato sorpreso a rubacchiare. Non ricordo il luogo, ma sono abbastanza certo fosse comunque sul nostro pianeta. Ricordo invece il ragazzo che chiedeva pietà, inascoltato. E ricordo la pelle sua e di quelli che lo linciavano, scura, come lo è quasi sempre quella di chi vive nella fame, negli stenti, nella miseria più nera. In quei posti in cui nessuno ha niente, e rubare anche il poco può generare reazioni incontrollabili, e può costare la vita.
La scala dei nostri valori è una faccenda molto personale, e come reagiamo per difenderli è una questione molto seria. Quasi mai piacevole. Se qualcuno dovesse ammazzare il mio cane, come reagirei? Gli spaccherei il cranio con un bastone. Bum. E’ la prima risposta che mi viene in mente, sono onesto. Il solo pensarci mi procura un fremito, una nausea. Poi mi dico che non lo farei, ovvio. Arrivo a pentirmi, per il solo fatto di averlo pensato. Però intanto l’ho pensato, mi dico: cosa significa? Sono un assassino?
Beh, un po’ sì. Non mi guardate così, vi assicuro che sono in buona compagnia. Nell’uomo c’è il bene, e c’è il male: lo dico per quelli che durante l’ora di religione dormivano sempre. C’è Caino e Abele, non sono archetipi per niente: il carnefice e la vittima, il colpevole e l’innocente, in ognuno di noi. Per dire: come molti tra quelli che ad un certo punto della loro vita incontrano un animale e ad esso si legano, vivo – consapevolmente, colpevolmente - la contraddizione tra l’amore che ho per lui e il fatto di mangiar carne di altri animali, che solo per un caso sfortunato si sono trovati sul mio piatto invece che sul mio divano, o cortile, o prato. Questo non fa di me un assassino? Ho divani di pelle, scarpe di pelle: era pelle di esseri viventi, prima.
Posso convivere con questa micidiale contraddizione? Sì, come fanno quasi tutti, tranne quelli che si nutrono di bacche e poi crepano avvelenati, spersi in qualche bosco, quasi sempre giovani. Non siamo una bella specie, nossignore, siamo nati per distruggere tutto. E ci riusciremo, perché siamo ostinati, e ogni giorno inventiamo strumenti più efficienti: anche l’ambientalismo, dopotutto, sta al cosiddetto progresso come arco e frecce stanno all’atomica. E’ un destino che ci siamo scelti sin dal momento in cui siamo scesi dagli alberi, e grazie alla democrazia abbiamo pure potuto dargli il nostro beneplacito. Ve lo dice uno che ci crede, nel progresso.
Però, c’è un però. Riguarda me, come individuo, in rapporto a tutto quello che ho intorno, e a tutto quel che posso fare (o non fare). Riguarda le convenzioni che ho ho deciso di accettare, e le regole che ho deciso di seguire per stare in questa cosa che chiamiamo società e che, in un modo o nell’altro, malgrado tutto, mi hanno impedito di morire, chessò, di asfissia quando avevo pochi mesi. Le leggi, e la scienza, e l’educazione, e tutte quelle sovrastrutture che non conteranno nulla quando saremo estinti, però intanto noi siamo qui e ci siamo ora, e quelle cose ci servono.
Tutta roba che funziona finché ci ricordiamo del nostro sporco segreto: quello di essere tutti un po’ assassini, tutti un po’ colpevoli. E che dobbiamo resistere alla voglia di picchiare – o anche solo minacciare – una tizia che ha lasciato morire due cani, perché altrimenti domani potrebbero venire a prendere noi, perché non abbiamo bagnato le piante. O rassegnarci a dormire con un occhio solo, ed esser così folli da pensare di essere del tutto retti: e non solo ai propri occhi, ma a quelli altrui.
Date retta, lasciate perdere. Guardatevi dentro, e fidatevi che c’è una ragione, se abbiamo i tribunali, gli avvocati, le pene, e se la gente non va in giro armata a cercare di ottenere la propria, personale versione della giustizia. Certo, spesso quella giustizia non c’è, non funziona: ma è comunque il meglio che siamo in grado di garantire, al momento. Facebook, le mobilitazioni su internet, i giornali che soffiano sul fuoco, quel distacco che vi viene dal sapere di poter dire o scrivere cose irripetibili sapendo che quasi certamente la passerete liscia, la piacevole sensazione che vi deriva da quel residuo di cervello rettile che avete alla base del cranio quando rinunciate a ragionare, a fare distinzioni, quando insomma cedete compiaciuti alla parte peggiore che è in voi, ebbene tutto questo non cambia di una virgola il fatto che voi sareste i primi a soccombere, nel mondo che dite di volere.
Credetemi, in un Paese del Terzo Mondo non durereste un quarto d’ora.

  1. La storia che ci racconti è un po surreale. Lascia esterefatti sia per l’episodio sia per le reazioni. E’ vero che a caldo ognuno di noi è portato alla reazione, anche spropositata. Ma è anche vero che quel che distingue uomini da bestie è la ragionevolezza. Dei delitti e delle pene, parlava il Beccaria due secoli fa. Se è ingiusto e deprecabile lasciar morire di stenti due poveri cani, è ingiusto e inaccettabile che la reazione a questo sia il linciaggio. La folla, specie se aizzata reagisce in modo sempre spropositato. Quel che avviene a Biella, e su facebook con i gruppi contro la barista colpevole, è qualcosa che assomiglia al linciaggio. Quindi se, ci fermiamo un momento e proviamo ad usarla questa benedetta ragione, ci accorgiamo che così non va bene. Alla fine, sulla tragica e triste questione dei cani, qualcuno ha aizzato la folla, che non aspettava altro e con una giusta causa, è pronta a spaccare qualche testa o a dire cose indicibili. A chiunque, anche al peggior assassino. Se non si riporta tutto sui giusti binari, il rischio è altissimo. Ricordo qualche mese fa, il caso del tassista massacrato di botte e morto per aver, non volontariamente, investito il cagnolino della ragazza sbagliata. Se non sbaglio, gli autori di quel terribile pestaggio costato la vita del giovane tassista, sono in galera. Giustamente. E’ bene ricordarlo, a tutti quelli che presi dai fumi dell’emozione pensano di sfogare, animati da un fatto anche grave, tutte le loro reazioni sul colpevole di turno. Calma e gesso. In Italia, e in Europa, la pena di morte non c’è. Per nessun reato.

    canemalato
  2. Mi fanno più orrore quelli che aderiscono a simili gruppi di linciaggio su facebook che la ragazza che ha commesso un errore gravissimo, una crudeltà inaccettabile e per la quale dovrà fare ammenda, dentro la legge, non al di fuori. Credo che a quei giustizieri delle balle non importi nulla dei cani. Hanno solo voglia di divertirsi un po’.
    Infine, pur amando gli animali (ho sempre avuto e ho tuttora cani, gatti, ecc anche raccolti sulla soglia di casa, perchè una ciotola di cibo non si nega a nessuno…e poi ne vogliono ancora!) non mi fido delle persone che dicono di amare gli animali più degli uomini. Così come diffido di chi, non trattando bene gli animali, si giustifica dicendo che gli esseri umani (di solito li definiscono “cristiani”, evidentemente una sottospecie) sono più importanti. Trovo triste decidere a priori chi e quanto amare, come se avessimo a disposizione una quantità limitata di amore e rispetto verso il mondo e gli esseri viventi. E’ una questione di amore e rispetto, senza limiti…. c’è posto per tutti. Io amo infinitamente mio figlio, adoro il mio cane e curo il mio povero vecchio gatto sdentato e con mio figlio ho seppellito uccellini trovati morti e pianto insieme a lui per il nostro criceto morto. Ucciderei senza rimorsi solo chi facesse del male al mio bambino. Consegnerei alla legge tutti gli altri.

    c
  3. Chapeau. E l’ultima frase mi ha strappato una risata.

    Il B.
  4. Evitare i linciaggi, anche mediatici, è una regola che non va mai infranta. Tenere desta l’attenzione, tramite un civile ma deciso sdegno collettivo percepibile, perché la vicenda non cada troppo in fretta nel dimenticatoio, può però essere salutare, in modo che al nostro vicino stronzo (tutti credo abbiamo un vicino stronzo) che tiene il cane legato a una catena di un metro senza dargli da bere se non quando si ricorda, venga un po’ di strizza visto che di cuore e anima sembra averne pochi (dal canto mio poi il vicino stronzo lo denuncio pure ma capisco che c’è chi troppo tiene al quieto vivere).
    A questo punto non resta che sperare non succeda un fattaccio, ancora più perché la trista protagonista della vicenda ha un ruolo pubblico. La pena le va comminata secondo legge che c’è ed è pure abbastanza pesante, sempre che la si voglia applicare alla lettera, cosa che devo dire con rammarico quasi mai succede (del resto neanche con gli esseri umani). Pena che in Italia deve sempre prevedere un tentativo di riabilitazione, che in questo caso potrebbe voler dire un bel po’ di ore di volontariato in canile.
    Prima che qualcuno me lo rinfacci sono stato fin troppo politicamente corretto, me lo sono imposto, perché pur ribollendo di rabbia e sdegno (che è una parola quasi scomparsa ma rende bene l’idea) ha ragione Popolino la vendetta fai da è sempre un errore.
    mz

    mauro zola
  5. Grande, grande, grande! Come si può pensare di sentirsi a posto, sempre e di poter così indire crociate contro chi ha compiuto “ignobili gesti” come la donna in questione? Queste persone si indignano allo stesso modo per chi muore di fame ogni giorno, uomini e donne? No, non credo…”Credetemi, in un paese del terzo mondo non durereste un quarto d’ora”: sei generoso, credo basterebbero 5 minuti! Grazie…

    lucabberta
  6. In effetti la rabbia che porta queste persone a prendersela con unidirezionale ed antiempatico fervore deve venire da molto lontano… La casa di Caino ed Abele deve essere davvero il luogo giusto in cui scavare.

    Tabalori
  7. Lasciate perdere, altrimenti la barista demente finisce a porta a porta con un plastico dell’appartamento e guadagna anche dei soldi.
    Fausto Fabiano

    fausto fabiano