E insomma, buona Pasqua. Come la festeggerete, coi vostri cari? In un pranzo a base di abbacchio? Andrete a Messa? Io no, non ho il dono della fede, come si dice. Come a Natale, mi sintonizzo volentieri sul clima generale, ma per me è solo un'occasione per stare con le persone a cui voglio bene, condividere qualche momento di domestica spensieratezza, null'altro. Il significato più vero e più profondo di questi momenti dell'anno, ecco, non fa parte delle cose in cui credo.
Capita, spero che per questo non me ne vorrete. Per fortuna, tra l'altro, viviamo in uno Stato tutto sommato laico: non completamente, ma sufficientemente, ed è già qualcosa. E in uno Stato laico succede che nessuno può costringere me e quelli come me – aggiungiamoci anche chi la fede ce l'ha, ma per un altro Dio – a festeggiare, a osservare precetti, e tutto il corollario.
Domani potrò quindi limitarmi alla parte più superficiale della Pasqua, che poi consiste nel riunire la famiglia e mangiare qualche manicaretto un po' fuori dall'ordinario. Superficiale, appunto, ma anche questo fa parte dei diritti sanciti dalla Costituzione, e questo è bene. Allo stesso modo, avrei potuto ignorare del tutto il complicato calendario fissato 1686 anni fa dal Concilio di Nicea: avrei potuto decidere di lavorare tutto il giorno, per esempio.
Lo stesso, liberamente, potrei decidere di fare tra otto giorni, in occasione di un'altra festività, questa volta laica: il Primo Maggio, la festa dei lavoratori.
Insomma, se siamo d'accordo che la laicità è un principio in base al quale è semplicemente ingiusto imporre a tutti le convinzioni di qualcuno, questo vale in tutti gli ambiti, e per ogni festività più o meno religiosa che sia. Se fossi il titolare di un negozio, dovrei poter avere il diritto di non credere in una giornata chiamata "Festa dei lavoratori", senza per questo voler offendere nessuno. Per motivi tra i più vari: per convinzione politica, ad esempio, o perché l'incasso di un'apertura extra, banalmente, può farmi comodo. Specie se sto in una località turistica, una di quelle in cui i clienti si fanno vivi proprio durante le festività, e davvero non ha senso accoglierli con le serrande abbassate. Che poi, diciamocelo, già un sacco di categorie non possono far altro che lavorare durante le feste comandate: e se mai dovesse capitarvi – non che ve lo auguri, ma a me è successo davvero e non l'ho trovato affatto divertente – che vi si rompa lo scaldabagno della doccia la mattina di Natale, beh, vi assicuro che ringrazierete, che ci sia un idraulico disposto a venire a ripararvelo. Se ne potrebbero fare, di esempi: mia madre, per dire, di feste in ospedale ne ha passate tante, semplicemente perché non era possibile spiegare ai bambini che avrebbero dovuto nascere giusto un pochino dopo. E così via.
Quindi, così come un cattolico non ha motivo di sentirsi minacciato nelle sue legittime convinzioni se decido – altrettanto legittimamente – di non digiunare in Quaresima, allo stesso modo un sindacalista non dovrebbe vivere come un'offesa la possibilità di lavorare in un giorno in cui lui, invece, non lo fa. La laicità è questa roba qui: è la libertà di scegliere, senza imporre agli altri il proprio credo e il proprio stile di vita.
Infatti nemmeno lo Stato, a dirla tutta, dovrebbe costringermi ad aprire e chiudere il mio negozio quando pare a lui: è il mio negozio, miei gli orari e guarda, ho deciso di aprire una macelleria notturna perché fino a prova contraria è questo, il mio diritto alla libera impresa. Neppure esiste un motivo al mondo per cui – per forza – dovrei rispettare un giorno di chiusura settimanale: se mi gira di lavorare tutte le domeniche, beh, sono cavoli miei e non vedo cosa debbano c'entrare in questo le istituzioni. Un giorno di pausa ogni tot di lavoro è un diritto, e chi ne vuole usufruire va tutelato per legge, ma non un dovere. Se c'è là fuori un tizio che desidera lavorare anche alla domenica dovrebbe poterlo fare, perché in definitiva sono fatti suoi.
Peraltro, è una cosa che succede ovunque nel mondo: trovare un emporio aperto alle tre meno un quarto della domenica notte è una gran figata, a Hoboken come a Xian, mentre qui da noi invece è una violazione dei diritti umani. Sarà. Intanto però, nel mio piccolo quartiere, c'è un alimentari che resta aperto praticamente sempre, e da quel che vedo è bello per tutti, per i clienti di destra come per quelli di sinistra, trovare il pane fresco sotto casa anche alla domenica mattina. Pane che, per inciso, senza quell'apertura extra non sarebbe venduto, tanto per chiarire che non è vero, che aprire di più non serve a vendere di più, e anche fosse bisognerebbe fare a questo proposito discorsi su servizio e competitività troppo lunghi per questa sede. Resta il fatto che, durante il resto della settimana, quei clienti preferiscono andare all'Esselunga o alla Coop, a seconda del loro orientamento: è il mercato, bellezza, e a quanto pare fa comodo a tutti.
Piuttosto, se proprio Stato e difensori dei diritti dei lavoratori hanno a cuore il problema, lascino perdere la difesa del giorno che simbolicamente celebra quei diritti e pensino a tutti quegli altri giorni in cui, molto meno simbolicamente, vengono sistematicamente violati. Da anni, da quando è passato il concetto che un precario può subire la qualsiasi, impunemente: in termini di straordinari, malattia, modelli contrattuali, sicurezza, e l'elenco sarebbe lungo. Ce ne sono milioni, di lavoratori così, e trovarli non è difficile: basta buttare un occhio a quel che succede nella grande distribuzione, o nei punti vendita delle catene multinazionali. Il manufatturiero è importante, ci mancherebbe, ma in questo Paese vanno avanti indisturbate tante altre situazioni che a confronto Mirafiori e Pomigliano sono il bengodi. I mostruosi centri commerciali, quelli sì, che andrebbero chiusi un po' di più, mentre invece, chissà come, trovano sempre il modo di ottenere aperture extra, sulla pelle di tanti dipendenti: al pizzicagnolo che si azzarda ad abbassare mezz'ora dopo la serranda, invece, tocca la visita della Finanza.
Bon, ho finito. Ho cercato di spiegare una posizione laica – libera – e come tale nessuno dovrebbe viverla come un'offesa. Nessuno dovrebbe venire qui a spiegarmi che tanti sono morti, per difendere certi diritti. Perché lo so benissimo, ma lo stesso ho facoltà di iscrivermi alla chiesa che più mi aggrada senza che per questo la mia sia mancanza di rispetto, ed è un diritto di incalcolabile valore che a tutti noi sia garantita questa possibilità di scelta. Dopotutto, anche domani si celebra uno che per stabilire certi principi è morto, però fortunatamente non tutti siamo costretti a credere che sia pure risorto, se non ci va.
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… e se la commessa del pizzicagnolo vuol esercitare la sua libertà di stare a casa la domenica (1 g. a settimana…) e ciò si scontra con la volontà del pizzicagnolo di cui sopra di esercitare la sua?
mumble… mumble…
(un sacco di commesse sull'orlo di una crisi di nervi…)
Obiezione facile, ma lo è pure la risposta: quella commessa deve avere gli straordinari pagati, e i riposi, le ferie, la malattia e tutto quel che gli spetta. Deve avere tutto questo di domenica, ma anche dal lunedì al sabato, e questo non sempre accade, a quanto pare. Ma non mi pare che il post dica il contrario, anzi.
no, no: l'obiezione sarà facile, ma la risposta è difficile… che si verifichi. Come si diceva in altro post, è un mondo complicato.
Con tutto il rispetto per i pizzicagnoli onesti e le commesse che vogliono lavorare 7 gg. su 7.
Ok, la risposta è difficile. Ma qui nessuno la nega.
condivido lo scritto, vincenzo dei giudici
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