L’indispensabile

«Io non mi sono mai auto-candidato: dev’essere il partito, o una parte di esso, a farlo, valutando il mio operato. L’unico punto fermo sono le primarie.
Il nostro è un collegio a rischio, abbiamo sempre eletto il consigliere con i resti. Ma dobbiamo continuare ad averlo, oltre a combattere per far vincere la Bresso con un’ampia alleanza, che comprenda anche l’Udc».

Così Wilmer Ronzani sulla Stampa di oggi, che riporta qualche reazione dopo l’articolo di ieri che annunciava la mia candidatura.
Se ne desume che sulle primarie Ronzani ha cambiato idea, visto che l’anno scorso accettò, per sua stessa ammissione, di candidarsi a presidente della Provincia solo a patto che il partito gliele evitasse.
Riemerge anche il tormentone "se me lo chiede il partito", a cui in genere segue, a elezioni archiviate, "l’ho fatto perché il partito me lo ha chiesto".
E se non lo chiede il partito, faccio notare, che almeno sia "una parte di esso".
Ronzani sembra anche riferirsi alla figura mitologica del "candidato forte", quello che si schiera quando "non possiamo permetterci di perdere". In questo caso bisognerebbe fare anche una valutazione, soprattutto dovrebbe farla l’interessato, su chi sei mesi fa si è candidato come presidente della Provincia e ha preso la metà dei voti del centrodestra, su chi è molto forte dentro il partito ma evidentemente non così tanto fuori di esso, su chi infine ha già fatto un lungo percorso – è stato eletto deputato per la prima volta nel 1983 – e a un certo punto ha forse iniziato a pensare di essere indispensabile, che si vinca o che si perda.