Titolo dell’editoriale di oggi sull’Eco a firma del suo direttore, Roberto "Rupert" Azzoni, sull’allucinante delitto di Ibrahim M’Bodi da parte del suo datore di lavoro: "Non facciamo di tutta l’erba un fascio".
Ma certo, la prima preoccupazione, quando viene ucciso un essere umano (però intanto il titolo in cronaca lo chiama "immigrato", per esser chiari), è sottolineare che si tratta di un caso isolato, siamo brava gente, Biella non è mica l’Alabama degli anni ’50.
Noi sappiamo tenere i nostri negri al loro posto, come usano dire i suprematisti bianchi del Mississippi, solo occasionamente qualcuno ci lascia le penne, ma suvvia, siamo pur sempre sotto la media padana. E poi, un bovero negro ucciso da un bianco è una non notizia: càpita. Se invece succede il contrario, come sappiamo, è tutto un altro paio di maniche: è emergenza sicurezza, ronde, difesa della polenta concia dall’assalto del kebab, "ma perché non se ne stanno a casa loro invece di venire qui a insidiare le nostre donne". A meno che non siano pivot da 300mila dollari a stagione, in quel caso qualche ragazza disposta a sacrificarsi la si trova sempre.
Per dire, quello nella foto è un giocatore di basket o un immigrato? Perché sapete, non è mica la stessa cosa. I titoli dei giornali sono molto diversi, tanto per cominciare.
Che disfattismo, basta un omicidio a coltellate, che sarà mai, e subito i soliti stronzi strumentalizzano e rovinano l’immacolata e operosa immagine della nostra bella terra. Per cosa poi? Per un negretto, ‘sti rompiballe.
E’ questo che ci rovina, mica le famiglie industrali che chiudono qui e delocalizzano dove il lavoro costa meno, mica i datori di lavoro che pagano poco e in nero (e in almeno un caso, isolato ma accertato, se gli chiedi lo stipedio ti ammazzano), mica gli speculatori che costruiscono giganteschi centri commerciali: ehi, guardate, un palazzetto nuovo, un pallone a spicchi, forza rossoblu, alè-oh-oh.
Dicevamo? Ah già, il caso isolato. Meno male, via. Quand’è così, tutto a posto.
alcune riflessioni sull’omicidio di Ibrahim, mandate anche ad Azzoni che ovviamente non ha pubblicato una riga salvo una mia foto che non c’entrava nulla con gli articoli di corredo.
"Venerdì aprendo i giornali abbiamo letto dell’ omicidio di Ibrahim M’Body, e in molti non volevamo crederci. Anzi, per alcuni il fatto che la vicenda non avesse ancora risvolti chiari, ha generato la convinzione che fosse il classico regolamento di conti tra immigrati. Invece, nelle ore successive, abbiamo scoperto che l’omicidio di Ibrahim aveva quel sapore ottocentesco, del padrone che elimina il lavoratore perché rivendica i suoi diritti. Poi, come se nulla fosse, l’imprenditore prova a costruire un depistaggio, per far pensare che quell’uomo in fondo era solo un immigrato, per giunta nero che per chissà quale torbida storia finisce in un canale risicolo. La verità, è emersa velocemente con tutto il suo carico di rabbia e di vergogna. Una vergogna che spero i biellesi possano provare con forza e determinazione, verso un membro di questa comunità che ha risolto con una lama, le rivendicazioni salariali di un suo dipendente. Oggi, se non fosse stato per la notorietà del fratello di Ibrahim, Adam, questa storia sarebbe relegata nelle cronache provinciali e non avrebbe rotto il muro dei confini di questa angusta provincia.
Proviamo però adesso a fare uno sforzo, proviamo ad immaginare che il delitto fosse avvenuto a parti invertite. Che fosse stato l’operaio nero e immigrato, ad infliggere sette coltellate al suo datore di lavoro bianco e padano. I Tg nazionali, avrebbero aperto con questa notizia, lo avrebbero fatto i giornali delle destre, ne avrebbero parlato in certi salotti televisivi. Il mostro confezionato e pronto per una nuova e massiccia campagna d’odio contro gli “altri”. Invece niente, silenzio, quello stesso silenzio che nelle nostre terre affronta altri e ripetuti episodi di violenza: le svastiche sulle braccia di giovani ragazze magrebine, i caffé rifiutati ai “negher” in alcuni bar cittadini o le campagne di boicottaggio verso i bar dei “musi gialli”.
Nel biellese siamo già oltre: le nostre cronache, infatti, non parlano di violenze dei romeni o di case occupate da marocchini o di spacciatori sudamericani. Siamo alla caccia del diverso, abbiamo già introiettato l’odio e lo trasformiamo come nel caso di M’Body, in violenza cieca.
Un territorio controllato e presidiato giorno e notte, dove anche un po’ di vita notturna diventa terreno fertile per la lotta “ai fracassoni”, dove nell’omicidio di Ibrahim al carattere razziale si aggiunge l’insofferenza assoluta verso chi rivendica i propri elementari diritti. Queste vicende sommate tutte assieme, sono il paradigma di una società che ha deciso di chiudersi in se stessa e morire lentamente. La risposta alla crisi drammatica e irreversibile del tessile, ha nei fatti rappresentato la morte sociale e culturale per un’intera comunità.
Stanca e senza voglia di vivere, chiusa nelle sue paure e nelle sue effimere sicurezze. L’assenza del lavoro come assenza di certezze per il futuro, diventano anche mancanza di speranza per il cambiamento. Il precipizio è dietro l’angolo, apriamo gli occhi prima che sia troppo tardi."
rp
Questo modo di fare giornalismo è una vergogna, e la tesi è semplicemente offensiva. E’ vero che Biella non è tutta così, ma nel senso che per fortuna c’è anche gente migliore e con pensieri più puliti di quelli di Azzoni.