Ieri sera, cenando, stavo giusto assistendo a questa interessantissima trasmissione a tema politico in cui qualcuno del Pd parlava a favore di uno dei candidati alla segreteria, e chiedevano conto del perché nel programma di quel candidato non c’erano proposte concrete, e quell’esponente del Pd in rappresentanza di quel candidato diceva tipo eeeehhhhh, perché altrimenti sarebbe sembrato come se quel candidato avesse l’intenzione di candidarsi a governare, mica a fare il segretario, mentre invece quel candidato è leale col governo che c’è, ma lo vuole stimolare, gli vuole far fare le cose. E allora il conduttore incalzava un po’ e chiedeva ok, ma quali cose? E che succede se non il governo non le fa? E quell’esponente del Pd diceva tipo eeeeehhhhhh, e tipo tutti gli altri in studio dicevano sì ma così non si capisce, così non serve a niente, questa è tutta una pappa, all’Italia servirebbe ben altro. Intanto andava un servizio su Grillo scatenatissimo che la prossima volta o vince o se ne va, perché vuol dire che allora tra lui e gli italiani proprio non c’è storia, poi tornavano in studio e la gente si guardava e si diceva tipo mah, però anche Grillo parla parla ma alla fine anche lui, insomma, e l’esponente del Pd diceva tipo eeeeeehhhhhhh. E io a casa mi dicevo diobono, ma se in sei mesi si riesce a relativizzare anche uno che manda affanculo il Presidente della Repubblica allora se alle prossime elezioni si presenta il mostro di Düsseldorf rischia di fare il botto, per dire, perché evidentemente c’è la fuori una domanda di qualche tipo a cui nessuno risponde, e man mano che la risposta non arriva, come dire la domanda diventa sempre più forte, più impellente.
E poi mi sono detto, certo che sarebbe straordinario se ce l’avessimo questa risposta, insomma, in fondo è per questo che facciamo quel che facciamo, abbiamo l’età giusta, tutti ce la chiedono, cosa diavolo c’è che non va in noi? Diamola e basta, no? Ma poi mi dicevo, ecco, senza offesa per nessuno: c’è un problema, perché dubito moltissimo che la risposta, la risposta che serve, sia eeeehhhhh.
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ma se il congresso è solo pappa cosa lo facciamo a fare?
a quel punto potevamo fare un concorso di bellezza tra il giubbino in pelle di Renzie, i ricciuoli di Civati, gli occhi azzurri di Cuperlo.
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Enrico
http://iRRigolare.wordpress.com
Ho postato questo intervento anche sul blog di Civati. Per cortesia, Cosseddu, per-cor-te-sia, leggetelo e ragionateci, non mi importa niente avere ragione, mi importa che una mozione come quella di Civati abbia realmente la capacità di coinvolgere, come merita, un pubblico di sinistra sempre più ampio. Così come si pone, Civati non porterà mai in alto i cuori, e il sursum corda è tutto per un uomo che vuole diventare leader di un popolo, e di un popolo di sinistra.
Grazie,
SP
Civati,
ho appena seguito il video, che campeggia sull’homepage di Civati.it, in cui lei presenta il suo programma al Teatro Vittoria. Per cortesia, Civati, dia retta, se non a me, ai tanti che glielo ripetono: lei non può porsi in pubblico in quel modo monotono e dimesso.
LEI NON PUÒ, all’inizio del discorso di presentazione della sua mozione, infilarsi le mani in tasca (minuto 2’05), lei NON PUÒ andare avanti a parlare in pubblico tenendo ancora le mani in tasca (altre volte nel discorso). Lei NON PUÒ parlare con la testa inclinata di lato, spesso senza guardare il suo pubblico negli occhi, come a chiedere scusa di dover dire quelle cose. Lei NON PUÒ usare quel tono basso e monocorde, che porta una battuta ironica e un richiamo ad alti principi nello stesso identico modo. Lei, e lo dico con tutto l’affetto del mondo, dovrebbe sconsigliare al suo cameraman di riprenderla di profilo, se ha il doppio mento a meno di quarant’anni (come si vede circa al terzo minuto).
Lei, Civati, NON PUÒ permettersi di introdurre il suo intervento con le battute intelligenti e taglienti di un comico come Crozza, che evidenzia esattamente i difetti che lei ha, e che gode di molto credito presso i suoi stessi elettori. Lei non può permtterselo non solo perché, durante il suo discorso, lei dà continuamente ragione alle critiche di Crozza sul suo scarso vigore caratteriale e comunicativo, ma anche e soprattutto perché lei, aprendo con il video di Crozza da Ballarò, imposta il discorso come una replica a lui e alle sue parole, ponendosi in posizione di difesa invece che di attacco, e, così facendo, lei perpetra quel modulo dell’educato lamento, da Bartleby della sinistra italiana, che contraddistingue tutta la sua azione politica e questo stesso blog – così, Civati, lei non vincerà mai, e non perché gli avversari sono cattivi e collusi (spesso lo sono), non perché giocano sporco e tesserano schiere di extracomunitari (lo fanno), lei non vincerà innanzitutto per causa sua, perché lei ha i migliori contenuti politici dentro la peggiore forma mediatica, lei non vincerà perché LEI NON VUOLE veramente vincere, altrimenti sarebbe disposto a cambiare lei per primo, per riprendere la parola chiave del suo slogan che è, come lei, giusto nel concetto e fiacco nella formula.
Lei dice nobilmente, Civati, di voler restituire rappresentanza ai suoi elettori: ebbene, ne rappresenti anche la passione feroce e frustrata, la lunga esasperazione impotente, dia a questi sentimenti una degna rappresentazione oratoria, che non deve trascendere, naturalmente, nell’urlo farneticante, nell’insulto schiumante di troppi, ma che non può nemmeno restare entro questi termini spenti, entro queste forme sommesse e sottomesse.
La prego, Civati, prenda in considerazione quello che le viene detto da più parti, innanzitutto da chi (come io stesso) approva le sue istanze, e si rivolga – non è una diminutio della sua persona – a qualche capace professionista della comunicazione che la aiuti ad acquistare efficacia retorica. Se non ritiene di doverlo fare per se stesso, lo faccia per i suoi elettori, per dare loro, finalmente, la migliore rappresentanza, anche iconica.
Auguri,
SP
p.s. Eddy Schlein è giovanissima, certe volte perde il filo del discorso, certe volte non trova gli argomenti più convincenti, ma dio, che passione la muove, che fuoco la brucia!
p.p.s. Civati, i suoi accurati e accalorati riferimenti a Enrico Berlinguer non dovrebbero mai dimenticare l’oratore che Berlinguer è stato, la sua voce inappellabile, le sue virtù quasi totemiche, la sua capacità di dire per tutti, e per sempre.
…. può darsi pure che la mia lente sia un po’ deformata : ma da chi ha avuto tutte le fortune “ acquisite “ durante la sua vita – quelle famose tappe o scatti automatici fino alla liquidazione e alla pensione, tipo le carriere dei militari che diventano Generali in ufficio – e che ai nostri giovani oggi offre quest’ Europa dicendo loro che la colpa di questo lager è al 99 per cento solo nostra ( tipo avere costruito proprio quei percorsi lavorativi e di privilegi che stanno dentro a quel 99% e che i figli pagheranno per i padri ) ; che maiali siamo stati e maiali restere”te”, lo vedo un parallelo con quel ragazzo che chiede un passaggio ad uno di quei privilegiati a cui hanno pure comperato la macchina e che riceve lo sputo di un : “ compratelaaa “ e lasciato lì piantato in asso.
Cosseddu,
sul blog di Civati ci sono commenti molto belli, molto pieni di speranza, specie dopo l’intervento di Civati di ieri sera: perché non li scorrete e non ne tirate fuori uno o più post per Civati.it e per i social? Fateli parlare, questi elettori che volete mettere al centro del partito. Fateli sentire in questa settimana finale. Auguri,
SP
Civati non si chiama Salvatore ma Giuseppe.
E sta costruendo una porta.
Credo di essere uno dei pochi che non ha visto la sfida fra i contendenti alla segreteria del partito. Vari motivi, una sorta di lista della spesa che evito di elencarvi, mi hanno tenuto lontano dal confronto sul tubo catodico. Il dubbio se votare o meno Civati prosperava fino a qualche giorno fa. Il dubbio non riguardava la persona in sé, ma il partito per il quale si propone come candidato alla segreteria. Nutro ancora una certa diffidenza nei confronti di questo partito e vivere a Bologna ha fatto sì che questa diffidenza aumentasse negli anni. Per fare un esempio, esistono molte connivenze con una parte del mondo cattolico e con una parte del mondo delle cooperative che trovo in qualche misura eccessive e nocive. Ma tant’è.
Ritorniamo alla mia scelta.
Il dubbio, se pur non dissipato del tutto, in questo momento si è affievolito. In particolare, subito dopo un incontro con un amico, lo chiameremo R., e una passeggiata notturna sotto i meravigliosi portici bolognesi.
Tra una chiacchierata e l’altra, R. non capiva il mio, seppur misurato, entusiasmo a voler votare e partecipare alle primarie del PD, un partito da parte mia sempre considerato un ostacolo alla crescita di una “vera” forza di sinistra. Non sono stato in grado di replicare a tutte le sue obiezioni, non sono mai stato molto in gamba in veste di propagandista e il buon R. è un cinico spietato. Ricordo di aver detto con molta convinzione che il mio voto non riguardava soltanto il consenso verso le capacità di Civati, ma la “speranza” nella possibilità di poter incidere e partecipare ad un possibile cambiamento, nella possibilità di poter aprire una porta, entrare e far sentire la propria voce anche in quelle stanze che per troppo tempo sono state chiuse e sorde ai nostri bisogni.
Ricordo con molta esattezza il tempo trascorso tra il ghigno sul suo volto, il sorso alla sua birra e la sua risposta: “Non lo faranno vincere. Tu sei siciliano, sai come funzionano queste cose. Hanno già scelto”.
Eterno e antico come la storia di un popolo.
In quel preciso istante, ero dentro un treno regionale, erano le 18:00, sentivo il rumore laborioso delle ruote del vagone numero 7 e volgevo la testa verso il finestrino: fuori, immensi deserti, deserti dove volteggiavano espressioni come: “Tanto non cambierà nulla”, “La mafia non si può sconfiggere”, “Sono più forti di noi”, “è tutto inutile”. Il deserto della rassegnazione, la malattia che pesa sulla testa della mia terra: dominati, sfruttati, terrorizzati, e soprattutto rassegnati.
Quella sera mentre passeggiavo a passo sostenuto e lento sotto i portici, ho pensato all’errore che il centro nord sta commettendo, lo stesso errore che ha commesso da sempre il sud: trasformare l’organizzazione criminale in un mito, una leggenda. Forse sono tutti impegnati a far sì che la premonizione di Sciascia si avveri.
Votare per Civati significa smettere di cedere porzioni di territorio al cinismo, alla rassegnazione, alla sudditanza psicologica. Non lo so per certo, ma voglio evitare di essere cementificato all’interno di una casa senza finestre e porte a tormentarmi per altri anni. Perché la risposta a tutto ciò che di vero e reale esiste nelle numerose rivendicazioni dei cittadini e nelle numerose inchieste e rivelazioni che ogni giorno ci subissano non può e non dovrà mai più essere un ritorno al passato. La risposta all’inciucio e al malaffare non è la purezza ma la partecipazione, la comprensione e la consapevolezza che l’essere umano è imperfetto e in quanto tale soggetto alla sirene tentatrici dell’oscurità. E che non esiste una risposta definitiva ma una continua e incessante ricerca “perché il bacillo della peste non muore né scompare mai, che può restare per decine di anni addormentato nei mobili e nella biancheria, che aspetta pazientemente nelle camere, nelle cantine, nelle valigie, nei fazzoletti e nelle cartacce e che forse verrebbe giorno in cui, per sventura e insegnamento agli uomini, la peste avrebbe svegliato i suoi topi per mandarli a morte in una città felice”.
Civati è solo la prima porta.
Il commento che ho copincollato è di un utente di Bologna che si firma L’esternauta, ed è comparso sotto il post di Civati sul CivaCalendar.