1 OTTOBRE 2011

Democrazia bene comune

Mentre mi trovavo all’estero, sulla Stampa di ieri (edizione locale, stavolta) usciva un pezzullo riassuntivo della raccolta firme e contemporaneamente mi giungeva la cifra finale, quel milioneduecentodiecimila e rotti che sa di clamoroso. Perché in genere ci vogliono tutti i tre mesi previsti dalla legge, per raggiungere il mezzo milione minimo indispensabile, mentre in questo caso luglio lo si era passato a far discussioni interne al csx e al Pd, ad agosto facevamo altro un po’ tutti, e in definitiva, considerati anche i tempi necessari per mettere insieme le pezze richieste dal macchinario burocratico (la famosa raccolta dei certificati elettorali), i weekend buoni si sono ridotti a un paio e poco più. Ma son bastati, altroché.
Stando un po’ al banchetto, il mio personale carotaggio mi ha riportato un’utenza molto determinata, e piuttosto ben informata su cosa andava a firmare. Si respirava un’aria decisamente liberatoria, e a quanto pare soffiava ovunque.
E’ stato anche un bel test di collaborazione, con gli altri volontari del centrosinistra in primis, e tanti del Pd ci si sono messi sia a titolo personale (vedi il caso Prossima Italia), sia in quanto dirigenti regionali e di federazione che, armati di coraggio e buon senso, hanno rotto gli indugi che di nuovo rischiavano di tagliare fuori il partito da un movimento così sentito dalla sua base. Peccato che lo stesso non sia avvenuto al suo massimo vertice, un’altra occasione persa. Ma ormai si sa, è sempre la stessa storia, e si impara anche a far da soli, che magari è pure meglio: alla fine, se Dio vuole, in via delle Fratte resteranno in due, asserragliati, mentre tutti gli altri saranno fuori a cambiare questo benedetto Paese.
Peccato anche per un’altra assenza, quella di alcuni tra coloro che l’anno scorso raccoglievano le firme per l’acqua bene comune, e che a ‘sto giro non si sono proprio visti. L’obiettivo di demolire una schifosa legge elettorale dovrebbe interessare a tutti coloro che dicono di averlo a cuore, quel bene comune – e la democrazia rientra nel genere, direi – ma evidentemente pare che quando l’iniziativa non favorisce il proprio particulare anche i più puri tendono sacrificare il bene comune per favorire il bene proprio: alla faccia della sbandierata diversità.
Niente di nuovo, solo una prova provata di una cosa che qui si pensava da un bel po’.

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