26 LUGLIO 2011

Il bivio

Ho molti dei difetti di Matteo Renzi, ed evidentemente nessuna o quasi delle sue qualità – che ci sono, checché ne dicano i suoi critici troppo spesso in malafede – e per questo mi rivedo nelle sue sparate ad alzo zero, e nelle sue intemperanze. Sarei ipocrita a far la morale, perché sono intemperante quanto e più di lui.
La comprensione umana e quella politica sono però due paia di maniche molto diverse. E anche quando nel merito sono d’accordo con lui – come ad esempio sulle critiche ai sindacati, dei quali non sono un grande fan – penso che il messaggio non possa prescindere dal ruolo di chi lo enuncia.
Penso che un sindaco di una grande città italiana non possa limitarsi a far battute, perché è in una posizione in cui soprattutto si dovrebbero elencare le soluzioni, oltre che i problemi. Specie se, come nel suo caso, si ha l’ambizione di volersi candidare a Presidente del Consiglio. E quell’ambizione c’è, non facciamo finta che non sia così. Purtroppo – mi spiace – ma di soluzioni da lui ne sento poche, e quasi sempre le stesse: quasi sempre solo in forma di suggestione, e quasi sempre inattuabili alla verifica dei fatti, che banalmente può fare il primo laureando in economia che si trovi a leggerle. E’ vero, lo dico sempre pure io, che il messaggio deve essere efficace: ma anche intelligente, e fattibile, o non serve a nulla, e di “meno tasse per tutti” ne avremmo avuto abbastanza, grazie. Invece, più il suo ruolo pubblico cresce d’importanza, più questo difetto si accentua, tanto che ormai conosco il suo repertorio tanto bene che potrei scrivere un suo discorso standard a occhi chiusi.
Questo non va bene, e gli costerà molto caro quando proverà a giocare in una serie nella quale, se questi sono i suoi contenuti, al momento non è all’altezza degli altri player (che pure non sono esattamente fuoriclasse). Non va bene anche perché è esattamente da questo tipo di politica, che vorremmo uscire: ma non per ritrovarcela diversa solo nel suo interprete. Il giochino di paragonare Renzi a Berlusconi è antico, e talvolta ingiusto: ma almeno per questo stile così simile – se non per la sua famosa visita ad Arcore, che comunque resta discutibile agli occhi dei più – è giustificato. Matteo ha un istinto bestiale, e a Firenze ha ottenuto una vittoria che deve moltissimo alla sua capacità di giocare “a viso aperto” e senza badare alle convenzioni: cosa ammirevole, anzi auspicabile in ogni sede, perché utile a uscire dal politicismo che paralizza il Paese. E’ molto bravo, insomma, e si crede molto bravo, giustamente: ma c’è una bella differenza tra l’andar forte per poi sbattere contro un muro e il vincere una gara, e solo un matto potrebbe pensare che un Paese come questo, in queste condizioni, possa essere salvato da un uomo solo. Da lui, per la precisione: sul serio? Pensateci un attimo.
Come molti lettori di Popolino sanno, sono stato tra gli organizzatori della Stazione Leopolda, prima fermata di Prossima Italia, lo scorso novembre. Che è stato un successo con pochissimi termini di paragone nella politica italiana, specie considerando i mezzi messi in campo. Ho fatto il mio intervento prima delle conclusioni di Pippo Civati e di Renzi stesso, e facevo parte del gruppo più ristretto che quella cosa l’ha pensata, l’ha gestita, ne ha elaborato i contenuti, ha preso le decisioni e sa bene da cosa nasceva e perché. Lavorando con Matteo, certo, a cui va dato il merito di aver avuto, in quell’occasione, intuizioni decisive (ma anche condivise): ero presente, e glielo riconosco senza problemi. Parlo a ragion veduta, insomma.
E so – non lo penso semplicemente, lo so – che la forza della Leopolda sono stati i 43 interventi da 5 minuti, non l’intervento di Renzi da 43 minuti: che fu la prima sorpresa spiacevole della serie che è seguita, tra l’altro.
Quella, per me e per tutti, doveva essere la base da cui partire, da cui costruire quello che doveva venire dopo. Alla Leopolda, di fronte a tutte quelle persone, ci eravamo presi l’impegno di non perderci di vista, e di organizzare altre Fermate: me lo ricordo bene, perché era toccato a me, il compito di dirlo. Da allora, molti di quelli che erano presenti, me compreso, hanno cercato di tener fede a quell’impegno: perché per noi le cose dette hanno un peso, e non parliamo con leggerezza. Tra infiniti limiti, organizzativi e personali: avremmo potuto far di più, e di meglio. Ma ci abbiamo provato, e in più occasioni siamo stati molto soddisfatti del risultato.
In tutto questo periodo – e ormai sono passati nove mesi – di Matteo non abbiamo praticamente mai avuto notizia, se non per le sue dichiarazioni lette sui giornali. Alcune delle quali, lo dico con dispiacere, anche offensive verso il lavoro che stavamo facendo e che avevamo pur sempre concordato. Senza un motivo, senza la possibilità di confrontarsi su nulla: cosa impossibile, se non si riesce neppure più a parlarsi al telefono.
Uno scontro vero e proprio non c’è mai stato, e non solo perché banalmente mancava la controparte. Ma in molti ci siamo trovati, nelle sedi più diverse e nella pratica della nostra militanza, a dover giustificare cose dette da uno con cui non avevamo più nessun contatto, e che ovviamente non aveva chiesto la nostra opinione: con convinzione, all’inizio, poi con imbarazzo, poi con fastidio crescente. Inevitabilmente, dopo un po’, ci siamo stufati, e abbiamo infine accettato che, per restare nella metafora ferroviaria, il suo binario fosse un altro rispetto al nostro. Il famoso binario triste e solitario di Claudio Villa: triste non so, ma solitario di sicuro. Matteo Renzi, un altro – fra molti – convinto che andare in tivù sia tutto, in politica, ma con l’aggravante di andarci per parlare di innovazione senza praticarla, e senza aver rapporti con le persone che non siano filtrati da quello schermo. Sarà che a noi invece piace la compagnia, e sarà che crediamo che le opinioni, dentro il mondo democratico, possano anche essere diverse, purchè si accetti di confrontarle apertamente, guardandoci in faccia, parlandoci. Che è una fatica, certo, ma vale la pena.
Però, ecco: anche se deluso, me ne ero fatto una ragione, e con me molti altri. Sono dell’idea che il rinnovamento richiederebbe un patto leale tra chi lo desidera, e che andare ognuno per i fatti suoi non faccia altro che perpetrare l’esistente (e che chi fa finta di non capirlo in realtà coltiva solo il suo personale posizionamento): ma non è il primo a rompere un fronte, né sarà l’ultimo, in ogni caso tutti noi andremo avanti a fare quello in cui crediamo.
Oggi però è uscito questo articolo, su un giornale fiorentino, in cui si sostiene che Matteo Renzi avrebbe l’intenzione di uscire dal Pd e di fondare un nuovo partito. Per il solito motivo che bisogna “parlare ai cattolici”, e che non capisco tanto essendo il Pd stesso pur sempre pieno di cattolici. Leggo, e questo mi ha fatto male più di tutto il resto, che a Firenze «si succedono riunioni su riunioni tra esponenti politici, imprenditori ed industriali». Al che mi sono improvvisamente ricordato che la rottamazione è comunque un incentivo pubblico pagato con le tasse di tutti noi, che va in tasca ai produttori e permette loro di vendere più automobili. Mi scuserete la facezia.
Certo, l’articolo cita solo un gossip, e malgrado tutto mi auguro ancora che non sia vero: non che importi, a questo punto. Ma vedete, un po’ conosco il metodo: Matteo è uno che ne dice e su cui se ne dicono di tutti i colori. Spesso fa uscite che poi gli prendono una settimana per precisare che è stato frainteso, pratica piuttosto farraginosa che ha in Berlusconi il suo più noto praticante: gli effetti sono quelli che sono, alla lunga, ma contento lui. Questo articolo invece è on line da un po’, ma non vedo rettifiche sul suo principale mezzo di comunicazione col mondo, la sua pagina Facebook. Tra l’altro, recentemente, ha annunciato di voler fare la Leopolda bis, e persino questa cosa io e tutti l’abbiamo appresa dai giornali: molti sostengono che userà quell’occasione per candidarsi a premier. Cosa che, in base al nostro Statuto, neppure sarebbe prevista, il che getta un’ulteriore luce personalistica su tutta la faccenda della sua fuoriuscita: candidarsi dove, insomma? Fuori dal Pd, in un partito tutto nuovo, a vocazione centrista, dice l’articolo: e sai che novità, sarebbe l’ennesimo di una serie infinita (ma non particolarmente fortunata).
Quindi, seriamente, per me è venuto il giorno che da mesi sapevo sarebbe giunto. Quello di chiarire che la cosa finisce qui, anzi: è finita da un pezzo, e l’equivoco va chiarito. Che chi scrive “i rottamatori di Renzi” scrive una cosa che non riguarda me, e non riguarda la gran parte di quelli che erano a Firenze nel novembre scorso: lo so che è una comoda semplificazione giornalistica, ma è sbagliata, lo è di più ogni giorno che passa.
Matteo andrà per la sua strada e io, nel mio piccolissimo e insignificante impegno di militante, non voglio averci niente a che fare: chi genuinamente crede nel cambiamento, ed è nel dubbio se seguire uno che ha per riferimenti industriali e banchieri, dovrebbe pensarci con grande attenzione. Anche se Matteo lo trovano irresistibile, e anche se leggere queste righe li ha delusi. Questa faccenda è un fallimento nostro personale che non mi perdonerò mai, e non dovrei esser l’unico, e che come vedete da spiegare è lungo, difficile e doloroso: è uno sbaglio di dimensioni colossali, ed è un danno per il Paese molto più che per le ambizioni di chiunque. Pensare inoltre di frantumare ulteriormente il fronte del centrosinistra italiano – oltre che quello del rinnovamento – è semplicemente criminale, ed è l’esatto contrario di quel che chiedono tutti gli uomini e le donne di buona volontà: rimettere insieme i pezzi, non farne di nuovi. Per motivi che, anche a non voler pensare male, sfuggono o vanno comunque in direzione contraria al bene comune. Cosa che mi impedisce anche di augurargli buona fortuna, perché temo che sarebbe una più tremenda sfortuna per tutti gli altri.
Alla Leopolda circolò una battuta, che poi finì sui giornali e da allora è stata spesso ripetuta: che noi non siamo quelli che minacciano di andarsene dal Pd, noi siamo quelli che nel Pd minacciano di restare.
La ricordo perché l’avevo scritta proprio io, e per me è valida oggi più che mai.

  1. Matteo Renzi neo sustiano? O Renzi e Susta neo Montezemoliani?
    Beh, good night & good luck.
    rp

  2. speriamo che Renzi non se ne vada. Anzi speriamo che arrivi, presto a fare qualcosa di buono per il Pd. Temo che, così come è stato per il nostro Susta internazionale, il Pd per Renzi sia solo il treno che quella volta si è fermato alla Leopolda e in futuro lo porterà "ciuf ciuf" nei salotti buoni dei poteri forti d'Italia.  E' lì forse il suo posto. Ma forse no. Speriamo di no

    utente anonimo
  3. Uffa, che pizza. Siamo delusi. :-(

  4. Ti assicuro che lo sono pure io.

  5. se Renzi se ne va, minaccio anch'io di restare nel PD

    utente anonimo
  6. Delude eccome  cotesto Matteo……..gran simpatia non mi ha fatto mai, troppe somiglianze col tizio del Consiglio, troppo arrivismo….c'è da fare attenzione….altri 20 anni di pressapochismo sarebbero davvero troppi!!

    utente anonimo
  7. meglio perderlo ora, prima che sia troppo tardi. Non abbiamo bisogno di leader del genere. Abbiamo bisogno di una rete, di un patrimonio condiviso da portare avanti tutti insieme.
    slm

    utente anonimo
  8. Ma come faceva a piacere o a ispirare fiducia Renzi? A me è sempre sembrato un buffone. Certo se pensiamo che è sindaco di una grande città… ma cosa vuol dire questo, in fondo? Che migliaia di fiorentini non possono sbagliarsi, quindi è ok? Mah.
    c

    utente anonimo
  9. A mio modesto avviso Renzi non uscirà dal PD: per andare dove? Basti questo.

    Per capire Renzi bisogna capire una cosa: è confinato al ruolo di sindaco di Firenze fino al 2019. Solo se ammazza una scolaresca buttandola nell'Arno potrebbe rischiare di non essere rieletto.

    Matteo Renzi si sta costruendo (lui che può) l'immagine ed il curriculum per essere spendibile in politica (nazionale) dal 2019 in avanti.

    A quel tempo, auspicabilmente, non ci saranno più Bindi, Bersani ed anche i sindacati, sempre auspicabilmente, avranno compiuto una riflessione sul loro ruolo.

    Tutto qui. Per capire Matteo Renzi va capito questo.

    E, sia detto per inciso, è interesse suo ma soprattutto NOSTRO, nell'epoca di youtube, che egli marchi ORA la differenza con chi tra 8 anni sarà, politicamente e sindacalmente parlando, il passato.

  10. Il problema non è dove è Renzi oggi o dove è Civati domani. Non inseguiamo un leaderismo senza costrutto. Qui bisogna fare un progetto complessivo di nuovo centrosinistra i soggetti seguiranno. E anche le cariere personali. Bisogna avere l'ambizione di guidare il treno e non organizzare le stazioni.
    Continuo a credere che l'unico originale interprete nel PD di questa idea sia stato e resti Ignazio Marino. Tutto il resto è la lotta fra i "polli di Renzi"

    utente anonimo
  11. @Philippini: guarda che le cose non stanno come dici tu. Inoltre, a prescindere da Renzi, l'idea che il cambiamento vada atteso fino al 2019, ovvero tra OTTO anni, è semplicemente folle. Se tra otto anni l'Italia è ancora così ce ne saremo andati tutti, da un pezzo.

    @10: io c'ero, nella mozione Marino. E su quei temi ci sono rimasto, ci resto e ci starò. E lui, dov'è? Fatti una domanda e datti una risposta.

  12. Paolo, vedremo.
     

    Renzi ha da fare il sindaco. E'  più chiaro, ora?
    Vedi anche:

    http://coccaglio.blogspot.com/2011/07/matteo-renzi-gran-riserva-1975.html

    PS: chi se ne frega della mozione Marino. E' il passato. Andiamo avanti

  13. Su quello che Renzi "ha da fare" ognuno la pensi come gli pare. Quello che VUOLE davvero fare, è un'altra storia. Penso di esser stato pure io piuttosto chiaro, e fossi in te non mi sbilancerei a bollarle come "idiozie", giusto per non trovarmi poi ad esser smentito.

  14. Idiozie non tue, della stampa. Miii, come siamo permalosi.

  15. E' chiaro che uno di noi due ha ragione ed uno ha torto. Vedremo.

  16. Phil, io sono più che sereno. Ma mi pare di aver scritto 'sto faldone anche per chiarire che le mie informazioni non si basano solo su quello che scrivono i giornali. Devo sillabarlo?

  17. scusate. che importanza ha quel che farà o non farà renzi? non ci piaceva e non ci piace lo stesso per quel che ha fatto e rappresenta. perciò, grazie del chiarimento (rasserenante)

    utente anonimo
  18. Una cosa è certa, Paolo. La volta che litigheremo sul serio, io e te (cioè che siamo entrambi in acido)…. beh, saranno fuochi artificiali.
    Un abbraccio

  19. a me se Renzi va, dispiace.

    me ne faccio una ragione, ma dispiace. E' una ricchezza, perchè parla con semplicità in luoghi dove la politica anche mia non riuscirà mai ad entrare.

    Detto questo, anche io faccio la mia scelta, ed è quella del pd, pura da lottatore interno, pure minoranza. di un altro partito non sento proprio il bisogno.

    Filippo

    utente anonimo
  20. 10 – Marino è a svolgere onestamente e concretamente il suo ruolo di senatore. Pensa, con alcuni limiti organizzativi per carità ,ad un progetto e non come molti rottamatori esclusivamente alle loro cariere…

    utente anonimo
  21. Per me voleva rottamare credo che vada rottamato, troppo NARCISO!!!!!!!! Comunque pensi a governare Firenze.

    utente anonimo
  22. bhè era nell'aria da tempo e Paolo hai fatto benissimo a chiarire e mettere un punto. Condivido e sottoscrivo  ogni parola.

    Marco De

    utente anonimo
  23. #21, no: sono stato tra i promotori di un ordine del giorno presentato in assemblea nazionale in cui si chiedeva al partito il rispetto dei tre mandati come previsto dallo Statuto del Pd e l'impegno a scegliere i prossimi candidati a Camera e Senato con il metodo delle primarie aperte e libere. Due temi che stavano perfettamente dentro la piattaforma della mozione Marino al congresso 2009. Ebbene, Marino non ne ha firmato nessuno dei due, e così hanno fatto tutti coloro che in assemblea nazionale si riconoscono nella sua componente (con l'eccezione di Ivan Scalfarotto), a partire dall'ex coordinatore nazionale Michele Meta (che è già oggi al terzo mandato). E su questa cosa non venitemi a darmi versioni di fantasia di storie che conosco in prima persona, o davvero apro il libro dei ricordi.

  24. Grazie Paolo !
    Grazie per la chiarezza della tua spiegazione ( che avevo chiesto tempo fa a Pippo ), ne condivido in pieno lo spirito, e anche, la delusione che ne traspare.
    Ti voglio però ringraziare anche per un altro motivo, perché tu, Pippo e i molti altri che hanno contribuito a creare la Leopolda e le “prossime fermate”, siete il motivo per cui a settembre mi iscriverò per la prima volta in vita mia ( a 41 anni ) ad un partito, il PD.
    Niente di che ovviamente, ma ci sarà un iscritto in più a pensarla come voi…

    Un caro saluto

  25. 24 : cosa conosci in prima persona della ex Mozione Marino è una minaccia parla…

    utente anonimo
  26. Non è una minaccia, come ho scritto è il libro dei ricordi, che inizia con la prima brutta sorpresa, ovvero quando noi ingenui aderenti della prima ora scoprimmo che lo spin doctor di Marino era Goffredo Bettini, plenipotenziario romano già braccio destro di Veltroni che in teoria poco c'entrava con lo spirito stesso della mozione.

  27. I rottamatori si sono offesi con Renzi, senza cui la Leopolda non ci sarebbe stata. Lo stesso Renzi che fece un bel discorso alla Leopolda. Lo stesso Renzi che ha quel carisma a cui l'approccio sotto tono di Civati  dovrebbe ispirarsi. Approccio torpido. Se Renzi dovesse fondare un nuovo partito sarebbe lui il vero innovatore. A mio parere la Leopolda è ormai storia di cui si nutrono i rancori dell'Albinea di oggi.

    utente anonimo
  28. 28

    Se Renzi fondasse un nuovo partito, tradirebbe il suo discorso alla Leopolda… ed è troppo politicamente "furbo" per farlo adesso.

    Pippo è perfetto com'è !

    Se vuoi discutere con me, firmati. Altrimenti parlerai da solo.