L'altro giorno il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo piuttosto acuto: la nomina di Angelino Alfano a segretario del Pdl sarà pure un'operazione di maquillage, diceva, ma non priva di conseguenze. La prima delle quali è che in un futuro non troppo lontano un confronto tra i capi dei due partiti più importanti avrà da un lato Bersani, e dall'altro il 41enne Alfano. E la cosa avrà un suo effetto, tra un certo tipo di pubblico: trucco o meno, è una novità che per reazione uguale e contraria, ributta il tema del rinnovamento nel campo del Pd, che è ancora tutto lì da affrontare, irrisolto, malgrado la sbornia per la vittoria alle amministrative.
In questo momento, invece, è in corso al Capranica di Roma un evento pubblico organizzato da Giuliano Ferrara, ironicamente intitolato "I servi del Cav.", che il Corriere sta trasmettendo in streaming.
Nell'ordine, c'è Giuliano Ferrara che chiede le primarie. Da fare l'1 e 2 ottobre, con un regolamento il più semplice possibile. Primarie vere. Impossibile? Domandare è lecito, come si suol dire: specie se due giorni prima, dall'altra parte del fiume, Bersani ha detto che per carità, parliamo pure di tutto ma non mettiamo le primarie in testa.
C'è Mario Sechi che dice attenzione, perché la fuori c'è un mondo, e chi non lo ascolta è già morto. Dice che se uno non capisce che i social network hanno distrutto Letizia Moratti allora non ha capito nulla. Che la tivù è finita. Non so se mi spiego.
Per ora Silvio c'è, dicono, ma la sua successione la decideranno gli elettori, non le guerre tra i cacicchi: e bisogna dar loro la voce, adesso, prima che se la prendano da soli e decidano di spazzare via tutto. Dev'essere roba giusta per forza, perché ora sta intervenendo la Santanché e sta dicendo che non è d'accordo, che l'unica soluzione è che Berlusconi comandi di più. Ancora di più, esatto, posto che sia possibile.
Non ci potete credere? Vi viene da ridere? Beati voi che siete di buon umore.
Anche perché certo, lo capisco, è facile fare ironia: l'inconsistenza di Alfano, appunto, la pretesa di trasformare il cesarismo in percorso democratico, che è una contraddizione in termini, i servi che invece di affrancarsi violentemente perorano il bene del padrone, come nella Capanna dello Zio Tom. E sarebbe davvero il colmo se la sinistra riuscisse a farsi superare proprio da questa destra berlusconiana sul suo stesso terreno, quello della democrazia, della partecipazione, dell'innovazione, del rinnovamento: proprio per questo, invece dell'occupazione militare degli studi televisivi a cui abbiamo assistito in questi giorni, invece dei deliri dalemiani su Macerata metro e misura d'ogni cosa, servirebbe qualche segnale di cambiamento in più. Non pervenuto e non in vista, purtroppo, manco di fronte all'evidenza dei risultati da Milano in giù.
Il tutto mentre a ogni livello, dai capibastone di provincia ai La Russa ormai pronti a reinterpretare il finale di Scarface, l'intera classe dirigente del Pdl sembra un termitaio impazzito. Una tribù pronta a celebrare la morte del suo Khan, mentre intanto affila le lame per l'ordalia che ne seguirà e da cui nessuno uscirà vivo.
Insomma, è tutto molto aldilà della più ben disposta sospensione dell'incredulità: però intanto loro ne discutono, specie quelli tra loro abbastanza intelligenti da capire che, mentre si affonda, girarsi i pollici o mozzarseli a vicenda non è d'aiuto. Discutono, con quel modo per noi più incomprensibile dei riti di una tribù primitiva, e chissà cosa ne verrà fuori.
Poco credibili? Lo so bene. Sarebbe però il caso di far sommessamente notare che in questi 17 anni ne abbiamo viste tante, di trovate berlusconiane di cui lì per lì abbiamo riso. Salvo poi scoprire molto molto amaramente che funzionavano, e che si rivelavano vincenti: a partire dal giorno in cui l'Espresso mise in copertina una sua caricatura con tanto di fez, e pochi mesi dopo irrise i kit del candidato – cravatta a pois, spilletta, e tutto il resto – con cui i dirigenti di Publitalia si proponevano di trasformarsi in parlamentari. Ne seguì il quasi ventennio che sappiamo.
Non so voi, ma io non ci trovo niente da ridere.
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A sentire i vertici PD il rinnvamento del PD c'è già stato…. siamo noi che nn ce ne accorgiamo…. O_o
U.
Mah, non so: non credo che Berlusconi permetterà mai primarie vere che possano metterlo in discussione.
Berlusconi farà fare o non farà fare le primarie, faccia cio che vuole. Importante è che il PD abbia le idee chiare e si facciano le primarie!!!!!!!
#2, e a sinistra no? Le prime primarie sono state quelle del 2005, con Prodi candidato e già vincitore designato, in base a un accordo politico dall'alto che gli elettori hanno solo potuto ratificare. Vinse con il 74 per cento dei voti spazzando via, lo ricordo, Di Pietro, Bertinotti, Mastella Pecoraro Scanio, Scalfarotto e Simona Panzino. Seguirono quelle del 2007, anche in questo caso con un vincitore deciso a priori da robuste alleanze interne, Walter Veltroni, che prese il 75 per cento dei voti contro Adinolfi, Bindi, Letta, Schettini, Gawronski.
Restando nel merito di primarie nazionali, va poi citato il congresso 2009 del Pd: le prime primarie un po' più contese, tra Bersani, Franceschini e Marino. Ma non è che non si sapesse chi avrebbe vinto. La curiosità stava solo nel capire di quanto.
Venendo a oggi, sarà un caso, ma da quando è in campo un giocatore nuovo, estraneo agli accordi dell'establishment – anzi, palesemente avverso – e pericolosamente competitivo, il Pd ha iniziato una lunga melina che consiste nel guardarsi bene dal confermare che il prossimo candidato premier del centrosinistra sarà effettivamente scelto dai cittadini. Si mettono davanti a questi ragionamenti i programmi e le alleanze, ma soprattutto una paura fottuta che vinca Vendola, ovvero che gli elettori per una volta diano fiducia a qualcuno di diverso dal nome calato dall'alto: e la vicenda – seppur locale – di Pisapia a Milano è lì a dimostrarlo.
Perché è questo il bello – o il brutto, a seconda dei gusti – delle primarie: che puoi anche farle come contentino, manovrarle e pensare di controllarle. Ma una volta che avvii il meccanismo, prima o poi qualcuno in grado di usarlo sul serio arriva. E sono cazzi, perché la biscia si ribella al ciarlatano. E' la democrazia, bellezza.