1 GIUGNO 2011

Fin qui tutto bene

panicI referendum passano il quorum, in un grande tripudio di entusiasmo civile, malgrado i foschi presagi della destra a proposito di acquedotti islamici gay. Berlusconi dichiara che non vuol dire nulla, che lui ad Arcore c'ha la sua centrale nucleare di proprietà che usa per il barbecue della domenica, e che il Governo andrà avanti fino al termine naturale del suo mandato, ovvero fino al prossimo Concilio Vaticano.
Ciò nonostante, di fronte a una base sempre più disaffezionata, la Lega esce dalla maggioranza: lo annuncia Bossi, ruttando nel citofono di Palazzo Grazioli. Inevitabilmente, il Governo cade. Berlusconi si reca da Napolitano, e rimette il mandato. Napolitano glielo leva dalle mani in sole sette ore, usando un forcipe da cesareo, un piede di porco e un barile di Svitol. Poi, come prescrive la Costituzione, inizia le consultazioni.
Nel Pdl parte frenetico il fuggi fuggi: si smarcano subito Pisanu, la Prestigiacomo, la Carfagna, Scilipoti e tutti gli sciliresponsabili. "Perché è inaccettabile che il Governo precedente non abbia fatto nulla per l'agopuntura", spiega Scilipoti. Tremonti non dice nulla, ma fa capire che.
Viene fuori che in Parlamento una maggioranza alternativa esiste, dopotutto, e Napolitano ha il dovere di affidare un mandato esplorativo. Tale maggioranza è composta, nell'ordine, da: Partito Democratico, tutto intero, Udc, Italia dei Valori, tutti quelli che sono usciti dai succitati partiti compreso Rutelli che lo potete notare in alto a destra terza fila dodicesimo posto, quello travestito da guardia svizzera. Più i finiani di Fli, in cui nel frattempo tornano tutti quelli che ci erano entrati e poi erano tornati nel Pdl, o il contrario, che nel Fli è un viavai continuo. Più il gruppo misto, gli ex responsabili, i radicali, e un bel po', anzi parecchi fuoriusciti del Pdl. Una larghissima maggioranza.
Non basta? La Lega fa capire che, se si lascia Varese trasformarsi in un principato autonomo, è disposta a concedere un appoggio esterno, o almeno a non rompere troppo le palle. Così facendo Bossi si tira dietro pure Tremonti, e un pezzo ulteriore del Pdl, che finisce quindi per ridursi a Berlusconi, Gelmini, Alfano, tre cubiste del Toqueville e Sandro Bondi. Nell'ordine.
La Russa, pazzo di dolore, si lancia dalla rupe Tarpea.
Trovata la maggioranza – e ce n'è d'avanzo – l'incarico di nuovo primo ministro viene conferito a Casini, a Draghi o a Tremonti. Dipende se quella settimana si porta più il politico, il tecnico, o il commercialista di Sondrio, che va un po' su tutto e non passa mai di moda, come le Clarks.
Si chiarisce subito che il nuovo Governo sarà provvisorio, con un mandato ben preciso: cambiare la legge elettorale, fare le riforme che servono al Paese, rilanciare l'economia e l'occupazione, ridare la vista ai ciechi, completare la Sagrada Familia e trovare la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto. Per chiarire oltre ogni dubbio la transitorietà del Governo stesso, vengono nominati novantantasette ministri – di cui però ben tre senza portafoglio – ottocentotredici sottosegretari e una sola donna delle pulizie, come segno di sobrietà. In realtà, dopo una settimana, vengono aggiunti un paio di ministeri per accontentare le ultime molecole di polvere rimaste nell'emiciclo senza una poltrona. Per compensare viene licenziata la donna delle pulizie, che tanto era in nero.
Il primo grattacapo per il governo appena insediatosi è una denuncia della comunità scientifica internazionale per violazione della legge sull'incompenetrabilità dei corpi, ma l'esecutivo riesce comunque nell'impresa di dare un posto a tutta la classe dirigente del Paese, compresi Cicciolina e Bettino Craxi, che viene rianimato per l'occasione. Da Cicciolina.
Mentre il lavoro del nuovo Governo prende il via, improvvisamente uno guarda l'ora e si accorge che è già luglio, e con decreto d'urgenza si stabilisce di chiudere tutti per ferie, e ci si rivede a settembre.
Durante il tipico e rilassato dibattito estivo sui giornali, emergono le prime contraddizioni in seno a una maggioranza tanto eterogenea: i comunisti, imboscati perché tanto all'ingresso nessuno controllava i pass, chiedono che l'Italia esca dalla Nato e si iscriva all'ArciGay di Sucate, mentre una vasta fronda di area cattolica chiede la cancellazione del divorzio e il ripristino del delitto d'onore. Monta un certo scontento anche nell'elettorato democratico, e per ristabilire la calma Bersani presenta i nuovi gadget della prossima Festa Nazionale del Pd: idranti e gas lacrimogeni.
Al rientro dalle vacanze arriva un avviso di sfratto, pardon, un monito dalla Comunità Europea, e i sedici ministri dell'economia ora in carica si ricordano improvvisamente che nel 2011 è prevista per l'Italia la più devastante manovra finanziaria della sua storia: 40 miliardi di euro. Berlusconi, in vacanza dalla sua villa di Antigua, incantevole Paese senza estradizione, circondato da una torma di troioni, saluta caramente gli italiani mimando il gesto dell'ombrello.
Nell'appassionante dibattito su come mettere insieme la considerevole cifra, la nuova maggioranza si divide sostanzialmente tra due fazioni: quelli che vogliono aumentare le tasse tantissimo, e quelli che vogliono aumentare le tasse un casino. Si trova una mediazione sull'accordo di confiscare direttamente tutti i conti correnti degli italiani. "Ma poi ve li ridiamo", dichiara Visco fregandosi le mani.
Qualche grattacapo arriva anche dalla politica estera: l'autunno è ormai inoltrato, e la guerra in Libia sembra lontana dal concludersi. L'escamotage del Governo di far bombardare i nostri caccia solo di notte, quando gli italiani riposano, non sembra placare le proteste dei pacifisti, perché pare che quelli al mattino possano dormire fino a tardi. Grosse polemiche anche a Milano, dove una cittadinanza ormai in gran parte islamica si dice molto spaventata dalla presenza di una chiesa cattolica, con una strana statuina dorata in cima. La serenità viene ristabilita dal mullah Tettamanzi, che si rivolge ai milanesi parlando dal minareto costruito in cima al Pirellone.
Con tutte le urgenze in agenda, slittano in fondo alla lista delle priorità le nuove nomine Rai, e nella confusione generale nessuno si accorge che il nuovo conduttore del Tg1 altri non è se non Minzolini, ma con una parrucca rasta in testa. Folgorato dall'idea, Berlusconi intesta le sue televisioni a Ruud Gullit, e mentre l'Antitrust riflette sul da farsi, D'Alema convoca una bicamerale per compiere valutazioni serene e bipartisan.
Nel caos generale, una buona notizia: convinto della necessità di fare un passo indietro e di non partecipare a questa nuova stagione politica, Walter Veltroni finalmente se ne va in Africa, questa volta per davvero. Non appena la notizia si diffonde, milioni e milioni di africani disperati si riversano sulle coste di Lampedusa.
Giunge l'inverno, e anche la natura sembra scatenare la sua furia sulla povera Italia: inondazioni in Veneto, terremoto nel basso Pontino, eruzioni dell'Etna e blackout della rete elettrica nazionale durante una partita degli Azzurri. Bertolaso, che nessuno ha ancora avuto il tempo di sostituire alla guida della protezione civile, viene intercettato mentre telefona al premier iraniano per vendergli l'Isola d'Elba. "Ma solo nei mesi caldi, tipo multiproprietà", si giustifica.
A pochi giorni dal Natale, una furibonda nevicata copre sotto metri e metri di neve tutto lo stivale. L'epicentro è a Firenze, e alle vibranti proteste dei suoi cittadini per i ritardi nella pulizia delle strade il sindaco Renzi risponde che purtroppo era bloccato ad Arcore, dove per lui è ormai tradizione passare le feste.
Di fronte a un quadro problematico, in Parlamento la maggioranza inizia a perdere rapidamente i pezzi. Siamo all'inizio di febbraio, e il rimpasto che ha portato il numero dei ministri a millequattrocentoventisette pare non aver placato gli scontenti. Il Governo pone il voto di fiducia su un delicato disegno di legge, riguardante un vaso decorativo posto di fronte all'ingresso del cinema Capranichetta, in piazza Montecitorio. Manca l'accordo sulle piante più adatte, e tra begonie e ortensie anche la mediazione sui gerani tentata da Napolitano in persona, purtroppo, fallisce.
Il destino della maggioranza di centrosinistra, quindi, è di nuovo nelle mani dei senatori a vita, di nuovo nelle mani di Rita Levi Montalcini. Sfortunatamente, proprio quel giorno, una manifestazione di tassisti romani che protestano contro le multe sulle quote latte impedisce al carro funebre che trasporta la senatrice di giungere in tempo per il voto.
Il Governo cade, Napolitano apre le consultazioni e verifica l'impossibilità di formare un nuovo Governo. Nel frattempo, l'Italia inorridisce per l'atroce delitto dell'amministratore delegato di Mediaset, Ruud Gullit, ritrovato morto nella camera da letto della casa di Franco Baresi. Polemiche per una puntata di Porta a Porta in cui Bruno Vespa illustra a esperti criminologi il plastico dell'enorme pene dell'ex calciatore.
Pochi giorni dopo, da un jet di linea della Air Antigua atterrato a Malpensa escono venti bellissime e giovanissime ragazze, accompagnate da un distinto signore abbronzato e in gran forma: "Questa sarà la mia squadra di Governo se vincerò le elezioni", dice ai giornalisti che lo stanno aspettando. "Sono tornato per restare".

  1. Un consiglio da mammina: alla sera, fagioli e peperonata insieme sono decisamente troppo difficili da digerire!

    utente anonimo
  2. "… il problema non è la caduta: è l'atterraggio".

    utente anonimo
  3. Ma quali fagioli e peperonata, questo è quel che succederà se quegli stronzi faranno il ribaltone. Elezioni subito!

    utente anonimo
  4. "Nuovo Ulivo"?
    ez

    utente anonimo
  5. TL; DR. Pardon

    utente anonimo
  6. #5, non credo di aver capito…

  7. Ottimo. A parte il fatto che la risposta, si sa, è 42 e che prima della Sagrada bisogna finire il Duomo, il resto quadra, anche se il giovane Formigoni si opporrà con tutta la forza delle espadrillas. Toccherà a lui il prossimo: "Che fai? Mi cacci?".

  8. Secondo me, tutto accuratissimo fino a Gullit. Poi, credo e spero di no.

    utente anonimo