5 GENNAIO 2011

La sindrome di Otello

50364495Al netto delle goffaggini poppettare degli ultimi anni Luciano Pavarotti è stato sicuramente una delle più grandi voci del Dopoguerra, nessuno si sogna di negarlo, ma ahimè con un cruccio: quello di aver accumulato negli anni un fisico andato un po’ oltre la tipica corpulenza del tenore, sì insomma di esser diventato un ciccione. Ora, siccome nel recitar cantando si – appunto – recita, per ricoprire certi ruoli serve il physique du rôle o si è poco credibili. Nei panni del passionale Otello, per esempio, ci va un maschione, un cazzutissimo tenore drammatico nel fiore degli anni e dei chili. Non ci puoi mettere un bue, ché altrimenti l’effetto da romantico diventa patetico, per la stessa ragione che comprensibilmente vede meglio Di Caprio e non Eastwood a fare il ragazzetto sul Titanic, Lady Gaga più convincente nel cantare Bad Romance di, sorry per lei, Nilla Pizzi.
Ora, c’è questa cosa del messaggio di fine anno di Napolitano che pure qui sul non tanto istituzionale Popolino è stata apprezzata (a sorpresa, lo so): dice in sostanza che in questo paese una questione generazionale c’è eccome, che il futuro, i giovani, il rinnovamento, il cambiamento, e tutte quelle cose che non ripeto perché le ho scritte in mille forme mille volte. Mi sta bene, sapete, che lo dica un uomo di 85 anni, uno in quel ruolo lì, perchè davvero mi sembra la posizione di uno che farà il suo dovere finché il dovere chiama, poi anche basta, e osserva le cose senza la fregola di chi sta già pensando all’incarico successivo – a pensar male si fa peccato ma… – e con quel pizzico di distacco e obbiettività che non guastano. E infatti, gente, c’ha azzeccato: è proprio questo, il cancro, una classe dirigente che si è fottuta il passato, si sta fottendo il presente, e ora si prepara, dopo aver deciso che Berlusconi è il capro espiatorio perfetto e va bene così, a fottersi pure il futuro. Senza essere all’altezza, aldilà di competenze su cui potremmo stare a discutere, delle sfide culturali di un mondo che è cambiato mentre loro, cristosanto, no.
Mi fanno molto ridere, quindi, le risposte che gli sono piovute dagli altri lati dal poliedro istituzionale. Passi Schifani, che uno mica coltiva aspettative su Schifani, ma gli altri, dico io: come fa, uno che è in Parlamento da lustri e lustri, sentendo l’appello per cui “il futuro è dei giovani”, a rispondere “ci penso io” invece di “mi levo dal cazzo, subito”? Boh, ci va una bella faccia tosta.
Eppure succede, vedete, ci cascano tutti. O fanno i finti tonti, probabile. Di certo non si rendono conto.
Infatti anche Pavarotti, dai e dai, si concese un Otello di fine carriera, e per fortuna che Verdi non aveva previsto scene di sesso con Desdemona o per ritrovare la poveretta avrebbero dovuto usare i sanbernardi. Immaginatevelo, comunque, il focoso moro tirato a nero con dieci barili di lucido da scarpe.
Non andò tanto bene. Non va mai bene, in questi casi. Sarebbero anche, solo e pur sempre cacchi di chi non possiede il senso del ridicolo, se non avessimo pagato il biglietto, tutti quanti.

  1. Bentornato Popolino! Buon anno! Passata la semicecità?

    anonimo
  2. Ma invece guarda, con un bel pantalone a vita bassa, l’elastico delle mutande di fuori, le basette gellate (giusto quelle), e ovviamente le maniche rimboccate… lascia fare…

    anonimo
  3. Scusa, ma c’è un refuso nell’articolo di Repubblica.
    Il titolo vero è: “Il PD raccoglie la sfiga!”

    anonimo