15 SETTEMBRE 2010

La versione di Patrick Henry

patrick-henryCaro Popolino, cosa ne pensi di questa storia di bruciare il Corano?
E’ complicato.
Ho tempo.
Sicuro? Ok. Inizio da questo: penso che nel suo Paese, il Paese in cui vive quel pastore evangelico dal fiammifero facile, esista un concetto di libertà che è costituzionalmente garantito, e che per gli americani, a livello non solo simbolico, è intoccabile. In quel concetto c’è il diritto dei pacifisti di bruciare la bandiera americana quando il loro Paese è in guerra, e di un pastore di bruciare il Corano, la Bibbia, la Torah o il Daily News, se lo ritiene. Questo, nel suo Paese, è incontestabile: anche se può dar fastidio ai credenti, ai musulmani, e perfino a me che sono ateo. La Costituzione vale per tutti, anche per gli stronzi.
Ok, ma cosa succederebbe se in Italia qualcuno volesse bruciare pubblicamente la Bibbia?
Scoppierebbero polemiche e grandi proteste esattamente come negli States. Con la differenza che volerebbero le denunce, e i carabinieri arriverebbero di corsa sulle loro camionette: ed è una differenza decisiva. Si aprirebbero processi, e qualcuno verrebbe condannato. Questo è un male, perché un Paese che ha bisogno delle forze dell’ordine e dei tribunali per stabilire un confine entro il quale un’opinione è legittima oppure no è un Paese in libertà vigilata. Immaturo, e pieno di paure: esattamente come lo vedevano i nostri padri costituenti nel Dopoguerra, con ottime ragioni. Ma se siamo ancora a quel punto significa che non abbiamo fatto passi in avanti. E’ una cosa che ci toccherà affrontare, prima o poi. Perché è sconfortante, deludente: siamo bambini della democrazia, pure un po’ ritardati.
Non dirmi che stai dando ragione al pastore americano.
Non ho nessuna stima di chi brucia i libri, in generale, ma se lo fa come gesto politico, per manifestare pur se in modo estremo il suo pensiero, penso di essere sufficientemente sicuro delle mie convinzioni da poterlo sopportare. Hai presente quella citazione facile, “non condivido quel che dici ma darò la vita perchè tu possa dirlo”? Vale anche quando non fa comodo, direi soprattutto. Diverso sarebbe, qui e in America, se il pastore stronzo pretendesse, ad esempio, di bruciare ogni copia del Corano in ogni biblioteca pubblica: quello sarebbe vandalismo, è un reato e va visto come tale. Ma se questo tizio, bontà sua, ha deciso di acquistare un Corano e poi di bruciarlo pensando così di dimostrare qualcosa, beh, è uno stronzo ma uno stronzo nell’esercizio dei suoi diritti costituzionali. Ovviamente, lo sono anche e a maggior ragione quelli che, negli Stati Uniti, scendono in piazza per affermare che costui è, appunto, uno stronzo. Mi sembra un buon bilanciamento, e infatti funziona.
Altrove, però, c’è chi scende in piazza a protestare e finisce che ci scappa il morto.
Vero, ma questo, purtroppo, non è imputabile al pastore evangelico stronzo. Cioè, gli si può parlare, gli si può chiedere di rinunciare ai suoi propositi incendiari, spiegandogli che causano disastri e morte nel mondo. E, se non è uno stronzo completo, sperare che capisca. Ma se qualcuno si organizza per andare a linciare il membro di un’altra religione, motivato dal fatto che dall’altra parte del mondo qualcuno sta bruciando il suo testo sacro, mi spiace, ma quella colpa grava interamente sulle sue spalle, e dovrà renderne conto al suo dio. Senza alibi.
Però quel pastore offende la sensibilità di un miliardo e mezzo di credenti.
Se è per questo offende anche la mia, che credente non sono, ma il punto è che è sbagliato mettere la questione sul quel piano. Guarda, ci sono solo due strade possibili. La prima è quella di stabilire che la sensibilità delle persone riguardo alcuni valori personali, quali ad esempio la religione, va tutelata per legge. E’ la strada più facile e più percorsa, ma è piena di insidie, perché allora non si può applicare solo in base a criteri numerici. Voglio dire, non si può pensare che valga solo per le religioni o i gruppi che contano su tanti proseliti. O vale per tutti, o per nessuno.
Certo, dovrebbe valere per tutti.
Bravo, però qui ti volevo. Se vale per tutti, nulla impedisce a un gruppo di persone, o anche a un singolo burlone, di crearsi una personale religione in cui la divinità è rappresentata, per dire, dal Grande Puffo. O da Milly Carlucci, qualunque esempio va bene. Del resto, esistono le sette, e le cose come Scientology. Vogliamo un Paese in cui non si possano fare battute sul Grande Puffo? In cui se parli male della presentatrice di Miss Italia ti mettono al gabbio? Dopo un po’, non potrai parlare di niente.
Forse… lo Stato dovrebbe decidere cosa è religione e cosa no.
Davvero? Intendi il nostro Stato? Una commissione, magari presieduta da Bondi, che tracci una linea sulla sabbia e decida chi è un vero credente e chi no? In un certo senso c’è già, e regola l’accesso all’8 per mille: siamo furbissimi, abbiamo risolto il problema trasformandolo in una questione di soldi e burocrazia. Ammetterai che è una pena.
In effetti.
Guarda, per come la vedo io, se qualcuno vuole raffigurare il Profeta intento ad addentare un panino col crudo, dovrebbe essere libero di farlo. Se alcuni vogliono bruciare una copia del Corriere dei Piccoli, o se due ragazzi dello stesso sesso vogliono tenersi per mano (tanto per chiarire che non stiamo parlando solo di religione), dovrebbero poterlo fare, anche se altri se ne sentono offesi e fanno i matti. Questo ha delle conseguenze, non lo nego: alcune sono importanti e positive, ad esempio nel garantire l’esercizio della libertà d’opinione, anche quando è fastidiosa (che poi, di fatto, è l’unico contesto in cui davvero vale la pena averla), ma sfortunatamente vengono completamente travolte da quelle negative. Chiamiamo le cose col loro nome: quelle non sono proteste, è intimidazione. E una società seria, matura, non dovrebbe farsi intimidire.
Allora non se ne esce.
Se stabilisci per legge che la libertà finisce non dove impedisce o danneggia quella altrui, ma dove urta l’altrui sensibilità, inevitabilmente ti infili nel vicolo cieco dei veti incrociati, e limiti la libertà di tutti. Viceversa, puoi concedere al popolo il beneficio del dubbio: un po’ come i genitori che prima o poi permettono ai figli di tornar tardi, sperando che non vadano a drogarsi o a rapinare i passanti. Nel mucchio qualcuno si perde, ed è una tragedia. Ma qual è la soluzione, chiuderci tutti in casa per controllarci a vicenda? Le famiglie fatte così non funzionano, e lo stesso vale per la società: bisogna dare ad alcuni la libertà di dire cose sbagliate, anche sbagliatissime, sperando che la maggioranza li smentisca, e da questo faticoso e rischioso processo derivi un bene comune, più grande. Lo dimostra il vero motivo per cui è iniziata tutta questa storia, la ragione per la quale il pastore stronzo vuole bruciare il Corano. Te la ricordi?
Dunque, il perché… Va bene, ammetto che mi sfugge.
Ci credo, col circo che si è scatenato è passata in secondo piano. Te lo dico io: vuole bruciare il Corano perché protesta contro la costruzione di una moschea vicino a Ground Zero. A due isolati, in realtà, ma è lo stesso. Ed è questo, il maledetto punto: niente e nessuno, a New York, può vietare ai musulmani di costruire quella moschea, perché la loro libertà di religione è garantita dalla Costituzione, esattamente come quella del pastore stronzo. E’ molto semplice: puoi vivere in un Paese come il nostro, in cui se bestemmi vieni multato perché offendi una certa sensibilità, ma i musulmani pregano nei garage perchè nessuno, da sinistra a destra, si sogna di dar loro diritti e rappresentanza. In compenso, se sei il sindaco di un buco di culo puoi riempire il menù della mensa scolastica di manicaretti a base di maiale, col dichiarato scopo di tenere lontani i bambini musulmani e le loro famiglie: e non c’è legge a portata di mano che possa farci un cazzo di niente. Oppure puoi vivere in un altro tipo di Paese, dove costruire una moschea è un diritto costituzionale, e il tuo presidente e il sindaco di quella città, anche se sono avversari politici, ci tengono a far sapere che lo difenderanno anche se gli costerà voti e le prossime elezioni: perché c’è in ballo un valore non negoziabile. Certo, in quest’altro tipo di Paese poi dovresti convivere, per gli stessi identici motivi, con un pastore stronzo che vuole bruciare il Corano, ma che a parte questo non può fare proprio niente per fermare la costruzione di una moschea. Non so tu, io farei cambio anche subito.

  1. E pensare che i nostri Padri Costituenti non si erano espressi poi così male:
    “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.” (Art. 21, comma1).
    MBB

    MBB
  2. Non so se le domande siano vere o sia solo un trucco narrativo, ma io ne avrei aggiunta una: caro Popolino, e del modo con cui i media hanno fomentato la vicenda, che ne pensi?
    Con stima.

    anonimo
  3. Bravo popolino… uno dei migliori articoli del 2010 che abbia letto su giornali e web. Senza ipocrisia, che non è facile
    EB

    EB
  4. Sono di Milano, e vedo spesso vicino al mio quartiere la fila di persone che attende di infilarsi in un sotterraneo di un condominio per pregare. I leghisti dicono che le moschee qui non si fanno finché nei loro paesi non si fanno le chiese, ma secondo me non le farebbero in nessun caso, ed è una cosa molto ingiusta. Una mattina ci siamo svegliati e ci siamo accorti di essere razzisti, altro che italiani brava gente.

    anonimo
  5. Al @5

    Le chiese esistono anche nei loro stati, ho visto con i miei occhi la mappa di tutte le cattedrali e chiese in possesso del vaticano e ho visto anche le foto delle varie chiese in stati senza religione cattolica predominante.
    Quindi …. nn le faranno mai a priori, noi italiani più che razzisti siamo incapaci di garantire le libertà dell’individuo……

    anonimo