A qualcuno potrà sembrare stucchevole che il Pd discuta da giorni se sia opportuno o meno, fra noi, chiamarci con l'appellativo di "compagni". L'attore Fabrizio Gifuni si è rivolto così ai presenti alla manifestazione nazionale di sabato, e ne è risultato un merdaio. Un po' ridicolo, e infatti sarebbe stato meglio evitarlo – a partire da quei Giovani Democratici che hanno sentito il bisogno di scriverci sopra un serissimo documento – però è segno di un problema, uno su un milione tra quelli che abbiamo, che è il seguente: siamo messi così male che non parliamo neppure la stessa lingua. Come alle Nazioni Unite, bisogna farsi capire in tutti gli idiomi, compreso qualche dialetto tribale, o scoppia la guerra. Il fraintedimento culturale è infatti una cosa molto seria: se dici "fratelli" e quegli altri capiscono "stronzi" è meglio se corri a caricare la doppietta.
Gifuni è colpevole solo, povero lui, di essersi trovato sulla linea di tiro fra una trincea e l'altra: la prosima volta ci penserà bene, prima di accettare un invito del Pd. Si darà malato mentre intanto pensa "questi sono matti, non mi fregano più". Noi, magari, i documenti serissimi dovremmo dedicarli agli argomenti serissimi: come metodo generale di lavoro, ecco.
Però il problema era lì che covava, sapete: non a caso l'attacco nei discorsi di molti leader nazionali del partito – Bersani compreso – è una sorta di rosario che fa così: "Cari amici ed amiche, compagni e compagne, democratici e democratiche…". Qualcuno che taglia corto e dice semplicemente "cari compagni" c'è ancora, anche a livello locale. Ricordo alcuni episodi nella campagna elettorale per le amministrative del 2009, e può sembrare un dettaglio ma posso garantire che, quando capitava, qualche borbottio in platea lo si udiva.
Io stesso, per dire, non mi considero "un compagno". Soprattutto, non mi garba – perché ci vedo dietro un disegno passatista e conservatore, mica per altro – l'idea che qualcuno ritenga scontato lo stesso identico percorso per tutti: rispetto chi l'ha fatto, ma ho il diritto di pretendere lo stesso. C'è gente del Pd che nel Pci (e nella Dc: non dimentichiamo la Dc, ora ci arrivo) aveva scelto di non militare e quindi, se si può evitare di dare per scontati noi cosiddetti "nativi" del Pd, come dire, meglio: già così non contiamo nulla, vista l'impossibilità di inserirci nell'immutabile ping pong tra ex-qualcosa, almeno non fateci sentire ospiti in casa altrui. E poi, il Pd stesso non era nato anche per questo motivo? Tra le tante cose buone e giuste che possiamo salvare delle culture politiche precedenti il vocabolario è proprio la più importante? Non ci sarebbero almeno mille altre cose "di sinistra" un po' più urgenti e che sono state completamente accantonate?
Quanto ai nostalgici che non capiscono dove stia il problema, vorrei vederli se un domani – chessò – Rosy Bindi iniziasse un comizio dicendo "care democristiane, cari democristiani". Fa una certa impressione, vero? Eppure, come nel caso dei compagni, si tratterebbe semplicemente di omaggiare una delle due principali culture fondative del partito. Ciò nonostante, cadrebbe come corpo morto cade ancor prima di finire la frase. Bang.
L'analisi linguistica di certo non è sufficiente: molti in questi giorni hanno ricordato la nobile etimologia del termine "compagno", ma il significato di una parola non si esaurisce certo in quel che riporta il dizionario. Moltissimi si ostinano a chiamare "Feste dell'Unità" le Feste Democratiche, e Devoto-Oli alla mano quello di "unità" è indiscutibilmente un bel concetto, ma al tempo stesso è anche una testata di giornale i cui abissali debiti stiamo pagando ancora oggi, e così faranno i figli dei nostri figli. L'Unità si trasformi da organo di partito (in realtà non lo è più, ma è per dire) a main sponsor, un po' all'americana, paghi i salati conti delle feste, e a quel punto le potremo chiamare un po' come ci pare.
Ma, come si diceva, ci sono cose più pressanti a cui pensare, e allora tutta questa storia sarebbe una colossale menata senza senso, se non fosse che in realtà è proprio il sintomo di un disegno serio e non sempre trasparente che si sta manifestando molto concretamente. Non a caso, proprio in base alla semplice verità che le parole sono importanti, da qualche tempo è in atto nel Pd una restaurazione che è innanzitutto linguistica, ma anche sostanziale: tanto per fare un esempio, all'ultima Assemblea Nazionale sono state modificate alcune parti dello Statuto, e in particolare chi viene eletto a capo di un circolo o di una federazione provinciale non si chiamerà più "coordinatore", ma si tornerà al caro, vecchio "segretario". Fin qui nulla di male, se non fosse che quel "segretario" non sarà più eletto, come era previsto dai principi fondativi del Pd, da "simpatizzanti e militanti", ma solo dai militanti, dai tesserati (per la precisione, quelli al 22 luglio 2009: dico, il 22 luglio di un anno fa).
E questi sono fatti, non parole.
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Il problema peggiore dell Germania uscita dal nazismo è stato il senso di colpa. Tutti percepivano la vergogna per quello che aveva fatto il nazismo, ma c'è voluta un'elaborazione pluridecennale per poter parlare apertamente di quanto era avvenuto sutto la dittatura. Infatti il senso di colpa ha inizialmente frenato la consapevolezza. Meglio tacere!
Questo sembra il PD oggi. C'è più di una una generazione che non è stata direttamente coinvolta nelle scelte di partito, ma semplicemente ha votato, spesso ha votato semplicemente nei confronti del suo vecchio partito di appartenenza! E adesso tutti si sentono un po' complici della situazione… quindi non ne parlano… resta nei non detti… diventa una mentalità, un abito… meglio scannarci sul sesso degli angeli… questo è il mondo dei CONSERVATORI che, è dimostrato, infestano ogni idea, dopo un po'… in tutti i campi… Per questo bisogna cambiare allenatore e modulo di gioco (la citazione calcistica è d'obbligo oggi… in un paese che spesso usa il calcio per dimenticare il resto…). Riccardo B.
La serissima missiva in questione è stata ideata e resa pubblica da un gruppo di 4/5 ragazzi appartenenti ai giovani democratici di Roma, lo stesso esecutivo provinciale della giovanile a Roma non era al corrente della pensata fino a che non ha raggiunto i giornali.
Ci tengo a precisare che la gran parte dei Giovani Democratici in giro per l'Italia si è discostata da quella lettera, primi fra tutti i GD del Piemonte, non perchè sia questa l'ennesima questione di identità da insabbiare, ma perchè in questo momento così difficile una discussione puramente formale e forse sterile come quella non è di sicuro di primo interesse o utilità per la cittadinanza e lo Stato.
A gran voce i GD da mesi invocano riforme e rinnovamento SERI, come anche un serio lavoro di radicamento e di sensibilizzazione sul territorio…forse i nostri mezzi sono un po' antiquati, d'altro canto siamo quelli che ancora fanno i volantinaggi al mercato e le manifestazioni in piazza (però fra di noi si organizza tutto via internet XD), ma spesso i risultati pagano.
Essendo una Democratica della prima ora ricordo però che ai tempi di Veltroni il termine 'compagno' era tabù e che al tempo stesso interventi, mail di convoca e lettere ufficiali cominciavano quasi tutte con l'intestazione 'cari amici, care amiche', gli ex-DC non si definiscono caro democristiano e cara democristiana fra di loro, ma proprio in quel modo lì e le loro feste estive si chiamavano, un tempo, 'feste dell'amicizia'.
Io non mi sono mai sentita offesa nell'essere appellata in questo modo, ma continuo a pensare che nella politica ci lavoro, ci lotto, milito…ma non cerco amici. Trovo tale appellativo un po' fuori luogo, poichè conoscendo i politici ed essendone uno io, in qualche misura, so che non ne voglio nessuno come amico, forse come commilitone sì, però!
Credo che l'uso di questo o quell'appellativo non sia da imputare alla deriva comunista che molti proclamano dall'elezione di bersani, ma dalla crisi di identità e di appartenenza che dai suoi primi giorni affligge questo partito e che ne causa una perenne oscillazione che rischia prima o poi di provocarne la definitiva rottura.
Sono tuttora fermamente convinta, da ragazza di 22 anni che la prima Repubblica non l'ha nemmeno vissuta e tantomeno la guerra fredda, che il futuro lo si costruisca prima di tutto con le azioni (meglio se politiche) e non con appellativi che rendono questo partito sempre più simile ad un bar sport.
Clara Canova,
segretario provinciale GD Biella
Ecco, ad esempio il segretario (la segretario) che si palesa non appena qualcuno tira in ballo la sua organizzazione, e viene a dare la linea, a spiegare che "chi ha parlato lo ha fatto a titolo personale", come se in una discussione come questa ci fosse chi parla a nome del partito e chi no (non scherziamo, per favore, almeno il congresso sulle mozioni terminologiche ce lo siamo risparmiato, per ora); ecco, tutto questo fa molto vecchia scuola, per così dire.
Non mi fa impazzire, la vecchia scuola.
Nel momento in cui viene tirata in ballo la mia organizzazione, mi spiace, ma mi sento di dover intervenire.
Trovo insultante che sui giornali e nella rete si sia fatto passare come iniziativa della giovanile, perchè mi arrogo il diritto di credere che la mia organizzazione abbia di meglio di fare e lo faccia, quindi rettifico.
Quelle persone hanno parlato a titolo personale, sono stati i primi ad ammetterlo quando sono state chieste chiarificazioni sul loro comportamenti.
Da noi (i GD) si fa così, preferiamo la dialettica e l'elaborazione interna vera e costruttiva invece che le faide e i branchi di cani sciolti.
Io non parlo a nome del partito, nemmeno mi azzardo a dettare la linea della giovanile, quello lo lascio ai miei dirigenti nazionali (i.e. Fausto Raciti e la sua segreteria).
Ma mi sento tirata in causa quando si cerca di far sembrare la mia organizzazione una banda di facinorosi che passa le sue giornate a scrivere 'serissimi documenti' sul famigerato sesso degli angeli.
Sarà pure vecchia scuola, ma se quella 'nuova' dovrebbe essere certe mostruosità che si profilano all'orizzonte, allora non me ne dispiaccio affatto.
Clara
Personalmente, il richiamo alla militanza, alla lotta mi mettono a disagio. E questo sì che mi fa tornare in mente gli anni passati (io, la prima repubblica l'ho vissuta). Metodi buoni per allora, probabilmente gli unici validi. Ma cos'è che stride?… non riesco a definirne i contorni… Forse è che non c'è stata l'evoluzione della specie. E comunque la vecchia scuola fa veramente tristezza, accostata a chi ha 22 anni!!!! Un po' di fantasia, altrimenti si ritorna a quelle caricature di "giovani" della Fgci che facevano un sacco ridere 20 anni fa.
D.G.
Non mi sono spiegato, Clara.
Nel 2010, se uno vuole dichiarare pubblicamente che non gradisce essere chiamato compagno, amico o "ehi tu", ha tutto il diritto di farlo senza che si senta la necessità che arrivi un rappresentante del partito o dell'organizzazione a specificare che parlava a titolo personale. Perché è evidente che su questo tema ognuno parla a titolo personale: pure tu e pure Raciti, a dirla tutta, visto che per fortuna ancora nessuno è così matto da pensare serva una direttiva scritta che ci impone di chiamarci così piuttosto che cosà, e soprattutto ci sarebbe ancora il dettaglio della libertà di parola, in questo Paese dentro il quale ci sta pure questo partito.
A te garba farti chiamare compagna? Benissimo, libera di fartelo piacere, e liberi gli altri, se lo ritengono, di detestarlo. Quando uno si tessera non firma un mandato in bianco che obbliga a star zitti e a farsi dare prenomi: oppure mi è sfuggita qualche clausola scritta in piccolo? inoltre, dici che preferisci non lavare in pubblico questi panni? Liberissima di nuovo, ma
nel caso in esame, a "compagno" pronunciato in pubblico, legittimamente segue un "compagno maddeché" altrettanto pubblico. Non ne farei una tragedia.
Dopodiché possiamo anche dirci che le cose importanti sono altre (intanto però la restaurazione strisciante prosegue), ma non è questo il dannato punto.
"Gentili Signore, gentili Signori…", sarà borghesotto, roba da Rotary Club, ma salva il toro senza decapitarlo, o spartirlo in quarti. Ci sarà qualcuno, alla Totò, che replicherà "Signore sarà Lei (Lei, mi raccomando !) e Signorini i suoi bambini…" strappando qualche risata e qualche pernacchia che fanno comunque meno male dei comunicati, dei distinguo, dei dibbbbatttiti linguistico-semantici sulla frìttola orale e scritta. La bonifica del linguaggio, il richiamo alla mcluhaniana teoria del mezzo che diventa messaggio (ovvero della forma che metamorfizza il contenuto), è quistione vitale: abbiamo un sacco di cose da dire e da fare, progetti, proposte, promesse, impegni, prima però stabiliamo se con Giovanna e Giancarlo le dobbiamo fare da "compagni" o da "amici". Perchè cambia, oh se cambia ! "Amagni", nella vulgata romanesca, o "compici", più nordica, sarebbero sintesi mirabili, acronimi densi di fantasiosi rimandi. E chi non amagna e compicia con noi, peste lo colga.
steo
2 cose.
1) Quali sono le attività dei GD a Biella? Perchè io oramai di anni ne ho 28 ma vi giuro non ho mai visto niente e non penso di essere vittima di qualche disturbo percettivo degno di un libro di Sacks.
2) "Compagno" "Festa Dell'Unità" "Segretario" "Federazione" "Rosso"………sono le parole che hanno dato a voi nuova leva di paraculi ( e permettetemi il francesismo) della politica delle parole e dell'assenza di idee (cosa ancora peggiore di ideali) di avere un Partito, delle sedi, un giornale e la possibilità di provare a governare il paese……..Poi ve la siete giocata benissimo andando a braccetto con Mastella figurarsi. Non vi garba la strada che è stata fatta per arrivare dove siete arrivati? Bene andatevene serenamente a strizzare l'occhio ai vari movimenti del "NULLA" (Grillo IDV …..Lega). Quello che vi rifiutate di capure è che una casa senza le fondamenta non sta in piedi. Alla gente che non vi vota ma che potrebbe tornare a farlo parole come "Compagno" fanno battere il cuore. Le alleanze con Casini invece fanno venire la gonorrea. Ahimè è molto meglio sforzarsi a non avere un identità così da poter essere tutto e il contrario di tutto……
Se ci credete fate pure ma i numeri vi raccontano bene che a fare gli amiconi sono più bravi gli altri
Vanetti Marco
Marco, ma che dici? Non è che non mi garba la strada che qualcuno ha percorso, ma la storia potrà anche comprendere dei crocevia, e qualche viuzza nuova la si potrà aprire ogni tanto, e a qualcuno potrà capitare di incontrarsi pur avendo fatto giri diversi, o no? Nessuno contesta la strada altrui, semplicemente permettimi di esprimere, anche a parole, che io ne ho fatta e ne voglio fare un'altra, per tacere del fatto che ci si può definire con pieno diritto di sinistra senza per forza dover sottoscrivere tutta la retorica e l'immaginario dei compagni: ma lo stesso vorrei andassimo nella stessa direzione, in base alle cose che secondo me possiamo avere in comune, e in base ad altre che sarebbero ancora da costruire, se solo ci fosse la volontà di farlo. Sostieni che questa strategia non paga? Se ti riferisci a Mastella e a Casini hai pienamente ragione, ma se credi che basti usare la parola compagno per farla funzionare (e con questo non intendo "costruire un partito d'opposizione", ma vincere, governare e cambiare questo Paese), ti chiedo: ma dove sei vissuto finora? Quanto all'argomento dei numeri, al momento la Storia ha dato torto proprio a quelli che tra loro si chiamano compagni, e quella landa desertificata non mi sembra proprio il pulpito ideale dal quale far partire una predica.
La discussione sul termine compagno per alcuni aspetti mi lascia di stucco, credo che oggi siano ben altri i temi di cui dovremmo discutere. Come fare per impedire che i costi della crisi siano pagati dai più deboli; come affrontare la crisi del sistema industriale; come dare corpo ad un sistema di'istruzione pubblica efficace; come difendere la libertà di stampa e di comunicazione; come costruire un'organizzazione politica dove chi si impegna non lo fa per acquistare visibilità o potere personale ma lo fa per costruire un comunità degli uomini nella quale tutti possano vivere con dignità.
Io vorrei un PD dove questi ed altri temi di questa natura venissero discussi e vi fosse un'iniziativa politica per affrontarli.
Nello stesso tempo mi chiedo come posso chiamare le persone che vogliono con le quali insieme possiamo porre in atto un comune progetto politico. Per me devono essere "Signori e signore ?" "Amici e amiche?" "Compagni e compagne?" o cos'altro? Sento però il bisogno di trovare un appellativo con il quale rivolgermi a loro, chiamarli.
Il termine "Compagno" è vecchio? viene da un passato che era diverso dal presente? Forse si, certo che in diversi continenti con il termine "Compagni" ci si rivolge a coloro con i quali si è impegnati in una battaglia per i diritti dell'uomo, del lavoratore, per i diritti di libertà Purtroppo è stato anche l'appellativo con il quale i membri di partiti totalitari si chiamavano tra di loro. Ma non posso scordare che anche in Italia il termine compagno ha legato per anni persone diverse impegnate nella lotta per i diritti dell'uomo, della donna e del lavoratore.
Nel PD ci sono persone che non si riconoscono in questo appellativo; per alcuni aspetti mi spiace, per altri è naturale che oggi ciò avvenga. Ma resta un problema: come rivolgermi a coloro con cui condivido l'impegno politico. Come li definisco rivolgendomi a loro, ha un senso profondo, non è solo una questione di forma. Il termine "democratico" vorrei poterlo usare anche con chi appartiene ad altri gruppi o associazioni politiche. Il termine "Signori e signore" mi richiama a persone con le quali non ho un legame nel "fare insieme", il termine "amico" mi riporta a legami di affetto che non sempre ci sono all'interno di un partito; per anni il termine "compagno" mi ha richiamato all'essere con persone con le quali fare delle cose insieme. Certo se poi penso che in passato c'era Il "compagno" Fabrizio Cicchito, il "compagno" Sandro Bondi, ecc. oggi mi viene un po' male nell'usare questo appellativo per rivolgermi a dei compagni di strada, ma non riesco ancora individuarne un altro che mi dia un senso di compartecipazione, di fare insieme nel rispetto reciproco e nell'impegno comune.
Paolo Gallana
Mi pare che Paolo Gallana abbia centrato il punto.
Personalmente non mi sento offeso dall'essere chiamato amico, né dall'essere chiamato compagno. Si prenda la cosa per quel che è: un richiamo a una (certo, a volte solo presunta) comune condivisione di valori e di ideali. Sinceramente trovo anche preoccupante e problematico che qualcuno si offenda se viene concionato con uno dei due termini. Ed è preoccupante anche il fatto che i toni della discussione si scaldino subito in questa maniera. Il PD non nasce da zero. Nasce da grandi tradizioni, e quei due termini fanno riferimento a quelle grandi tradizioni politiche. Verrà il momento in cui troveremo nuovi termini, magari meno asettici e poco entusiasmanti come il politicamente corretto democratiche/ci. Ma quel momento verrà dopo aver creato insieme una identità al PD, un comune riferimento culturale, delle azioni e delle battaglie condivise. Il PD è la conclusione di un percorso che nasce dalla caduta del Muro. Quel sogno e quel progetto potrà essere portato a compimento solo quando cadranno finalmente i muri che abbiamo eretto tra di noi.
Stefano La Malfa