La fonte è indiretta, ma mi dicono che venerdì scorso i giornalisti dell’Eco di Biella hanno firmato il contratto di solidarietà. Tradotto in soldoni, significa che hanno accettato di ridursi lo stipendio pur di impedire l’allontanamento di un paio di colleghi (uno dei quali dovrebbe comunque passare al part time).
Ne ho già scritto in passato, e quindi mi scuso per la ripetizione: i giornali sono macchinoni costosi, e in questo momento perdono soldi e pubblicità (e lettori). Nessuno sa come uscirne: la questione non è far pagare i contenuti on line – i ricavi sono insignificanti – e guadagnare lettori ha smesso da un pezzo di essere condizione necessaria e sufficiente per la salute di una testata. Anche se, in linea di principio, smettere di perderne sarebbe un inizio. In realtà i giornali perdono soldi altrove, in meccanismi contrattuali folli, in sprechi e privilegi di casta che sussitono anche di fronte al precariato di categoria, condizione ormai prevalente. Sprechi a favore di pochi, che gravano sulle spalle di tutti. Finché dura, nel senso che l’ora della resa dei conti si avvicina.
Detto questo, Eco è un giornale finanziariamente sano, che negli anni è già stato pesantemente ottimizzato, e che dal punto di vista pubblicitario è secondo me un po’ troppo condizionato, ma nonostante la crisi di certo non manca di dinamismo. In questo momento non è, sempre a mio parere, un bel giornale: pubblica pagine buone e altre meno buone, ma soprattutto manca di una linea, di contenuti più incisivi e organici rispetto al territorio, in un momento in cui ve ne sarebbe un gran bisogno. Una proprietà che negli ultimi due decenni non ha fatto una piega nel ripianare disavanzi folli, ma che oggi minaccia la cassa integrazione a fronte di passivi minuscoli, che si rifiuta di effettuare investimenti anche minimi in professionalità e dotazioni tecnologiche, e che non è in grado di dare al giornale più importante della città una forma e uno scopo dimostra che, purtroppo, non capisce cosa ha tra le mani e comunque non sa cosa farsene.
Sarebbe grave per qualsiasi editore: trattandosi dell’Unione Industrale Biellese è molto peggio, è il sintomo di un territorio miope e sconfitto.
Malgrado qualche scazzo avuto con alcuni di loro, ai colleghi di Eco va tutta la mia solidarietà, perché la loro sconfitta è la mia, è quella di tutti quelli che fanno informazione, ed è anche quella di tutto il Biellese.
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…hanno accettato di ridursi lo stipendio pur di impedire l’allontanamento di un paio di colleghi (uno dei quali dovrebbe comunque passare al part time)….
Una volta il lavoro era fatica, oggi lo è di più. Si diceva… "che stufa di lavorare", Oggi, vecchi e giovani, pagherebbero una tangente (molti la pagano) per lavorare. Chi lavora non ha più potere contrattuale, chi crea lavoro detiene il potere. Tra qualche anno il lavoratore verrà retribuito con pranzo, cena e un letto per dormire (capita già), il lavoratore avrà obblighi e il datore diritti, sarà previsto a norma di legge votata con la fiducia (Metropolis).
I giornali sono attività senza reddito, è una vittoria quando i bilanci pareggiano, per questo hanno due sponsor: un imprenditore, chiamato editore e la politica.
Nei secoli i giornali si sono trasformati, una volta (fascismo escluso) davano informazioni onestamente di parte, oggi danno opinioni e messaggi subliminali, pilotati dall’interesse dell’imprenditore che li finanzia e che a sua volta dipende dalla politica. La politica è diventata spazzatura, cosa possiamo aspettarci dall’immondizia?
Mi spiace per tutti quei giornalisti che nulla hanno a che fare con Belpietro & Co. Non c’è speranza, verranno sostituiti da un software di partito, che non leggerà più nessuno.
F.F.