L’Italia non è esattamente un Paese in cui la vita pubblica sia, appunto, vissuta 12 mesi su 12. Entro giugno, le trasmissioni televisive più importanti, anche quelle d’approfondimento, vanno in ferie, più o meno fin verso ottobre. In corrispondenza della chiusura delle scuole, non solo va in vacanza la testa dei ragazzini, ma anche quella dei loro genitori, specie se sono in arrivo olimpiadi o mondiali di calcio.
Nel primo giorno in cui il termometro supera i 25 gradi, spariscono le notizie vere (come se non ce ne fossero più: le cose importanti scelgono di accadere solo da settembre in avanti) e puntuali arrivano le prime immagini di gente a mollo nelle fontane di Roma, l’afa, i consigli per evitare i coccoloni e tutto un corollario di alleggerimento fatto di: cani abbandonati; code autostradali o, in tempi di crisi, assenza delle medesime; piatti estivi a base di melone; pubblicità di scioglipancia per la prova costume; amorazzi estivi e veliname vario; puttanoni e ganassa sudati intervistati in qualche nuova imperdibile mecca della movida. Ieri Studio Aperto – non che io di solito lo guardi: è stato un caso, giuro – aveva sguinzagliato inviati per tutti i più importanti lidi della nazione, in appostamento sin dall’alba per intervistare famigliole con frigo portatile colmo di cotolette panate e vitelloni tatuati in attesa di qualche turista crucca da tacchinare. Neppure ai tempi di Desert Storm avevo visto una copertura tale.
La politica segue il trend e smette di amministrare: una volta c’erano i governi balneari, sorta di gestione conto terzi che serviva solo a tenere gli uffici aperti fino al ritorno dei titolari, ora non ce n’è più neppure bisogno, semplicemente si sbaracca, con il premier a dare il buon esempio e levarsi di culo dando agli italiani un po’ di tregua. Ecco, magari quest’anno eviterà Villa Certosa, con tutto quel che è successo: ma anche no, perché il tipo in fondo è uno superiore.
Un po’ sta cambiando, basta guardare i negozi: una volta le città non turistiche ad agosto erano set naturali per film postatomici, da un po’ di tempo invece quasi non si nota la differenza con gli altri mesi, sarà la crisi ma un mese di incassi pur magri è sempre meglio di niente. Se ne è accorto perfino Bruno Vespa, che quest’anno si è inventato Porta a Porta Estate, da cui comunque la politica resta sostanzialmente bandita: se non fosse per il congresso del Partito Democratico, a cui la pausa agostana crea non pochi casini organizzativi, sarebbe il nulla.
Qualche genio che ha passato troppo tempo al sole deve invece aver pensato che questi fossero proprio i giorni ideali per iniziative che si vorrebbero clamorose: roba che in un altro momento dell’anno sarebbe stata liquidata in poche righe, e che normalmente verrebbe accolta con uno sbadiglio, ma che nella stagione dei gavettoni serve giusto a riempire una pagina, ma ha un destino già segnato.
Uolter Veltroni ha nientepopodimenoché annunciato una bozza di legge sul conflitto di interessi, a babbo abbondantemente morto – laddove il babbo è lui stesso medesimo – sperando forse che ci fosse già abbastanza gente col culo a mollo da non essere notato troppo. Se invece a qualcuno fregasse qualcosa, la discussione sarebbe tra chi dice che è in ritardo di 15 mesi, e chi di 15 anni.
Un altro fenomeno dei nostri tempi, l’un tempo brillante monologhista genovese Beppe Grillo, ha invece finalmente rotto gli indugi e formalizzato quello che un sacco di gente sapeva che avrebbe fatto da un sacco di tempo. Da prima che lo pensasse lui stesso, evidentemente: ha proclamato la nascita di un partito politico, e non scrivo "il suo" partito sennò i grilloidi vengono a bacchettarmi (anzi, lo faranno lo stesso perché li ho chiamati così). Beh, era ora. Non vedo l’ora di andare a votare, e di cercare la sua percentuale in fondo all’elenco.
In ogni caso, bravi entrambi: al posto loro avrei aspettato ancora un po’. Magari Ferragosto: sei lì che tagli il cocomero quand’ecco che – sorpresa! – al suo interno ci trovi il disegno di legge di Veltroni. Oppure, stai smadonnando in coda al casello e… ta-daaa! Il casellante è proprio Grillo, che non ti fa passare se non firmi i suoi buffissimi referendum.
Ammazza, che risate.
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Queste cose le dovrebbe fare il governo, non l’opposizione: approfittando degli italiani distratti e in vacanza, i leghisti proclamano milano città-stato. Code ai caselli del rientro per il controllo passaporti.