16 GIUGNO 2009

Come nel grande…

Le voci che in questi giorni stanno anticipando la corsa al posto da segretario nazionale del Pd non contengono nessuna novità nel metodo, ma insistono invece su quei difetti logici che ne hanno fino a oggi affossato le potenzialità.
In pratica, per quanto una base sempre più inviperita chieda una discussione, tutto si risolve nello scontro tra un ex Ds (Bersani?) e un ex Margherita (Letta?) sostenuti dai rispettivi apparati.
E chi – ad esempio il sottoscritto, non è mai stato non dico comunista o democristiano, ma neppure Ds o Margherita? E chi lo è stato ma vorrebbe lasciare quelle appartenenze al passato, e tentare nuovi criteri e ragionamenti? In fondo dovrebbe essere questo il motivo di fare un grande (…) partito unico, superare le divisioni. Altrimenti ognuno se ne stava a casetta sua. Questo, al momento, è un obiettivo apparentemente fuori portata: ma non significa che si debba rinunciare a perseguirlo. E si spera che un approccio diverso possa prendere piede senza dover aspettare che tutti gli ex siano in pensione, non solo perché la situazione richiede una veloce inversione di marcia, ma anche perché, realisticamente, certa gente in ritiro non ci andrà mai.
Non so – non credo – che mi entusiasmerebbe né Bersani né Letta, come segretario, ma so di certo – perchè mi sembrano preparati – che vorrei vederli entrambi nel Pd, entrambi al lavoro, fianco a fianco, su idee condivise. Invece, se si dividono in base ai vecchi partiti da cui provengono, si troveranno a imbarcare anche i pesi morti, in base all’unico criterio che “è dei miei, per cui è dentro”. Letta dovrà tenersi Rutelli, e Bersani dovrà tenersi Realacci. Sarebbe molto più intelligente avere Letta e Bersani insieme, e Rutelli con Realacci (and many others) fuori dai giri che contano.

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