11 MAGGIO 2009

I naufraghi dello spazio

Ho visto Star Trek, e posso solo dirne bene. E’ cinema popcorn, ma potrebbe insegnare un paio di cose utili a tanto cinema che vorrebbe dirsi impegnato. Come è noto, è prodotto e diretto da J. J. Abrams, ed è scritto da Damon Lindelof: la coppia di Lost.
I due hanno messo insieme un film molto semplice – ma non scontato, paragonato a quanto si vede in giro: gli effetti speciali sono belli, le battaglie spaziali sono coreografiche, ma credo abbiano capito che se si compete su quel versante è facile uscirne distrutti da altri esempi più riusciti. Del resto, la serie di Star Trek originale era una serie povera, altro che battaglie, altro che effetti: se è passata alla storia è per l’intensa umanità dei suoi protagonisti, dei tipi umani molto riconoscibili ma non privi di complessità, e lo dico senza essere un fan. Molta della fantascienza migliore non si basa sulla descrizione tecnica di come sarà la caffettiera del Tremila, ma si concentra piuttosto su quegli elementi che rendono gli essere umani tali, e che non cambieranno neppure quando – se – vivremo nello spazio: il coraggio, l’amicizia, la grettezza, la paura, la sventatezza, l’amore.
Come diceva Ray Bradbury, un giorno esploreremo lo spazio profondo, e a bordo di pazzesche navi spaziali ci romperemo le palle perché daranno un brutto film, con un pessimo pasto. Ecco, noi siamo quella roba lì, ed è più interessante immaginarci alla prova con i nostri pregi e difetti su mondi alieni piuttosto che darsi a quel tipo di futurologia da romanzetto che viene smentita pochi anni dopo, regolarmente.
Abrams deve aver pensato le stesse cose, e quindi ha scelto un cast perfetto, che potesse dargli emozioni credibili, senza rinunciare al pathos e a un po’ di umorismo, però molto ispirato. E quando ha avuto bisogno di metterci un pizzico d’azione, che insaporisce la zuppa, gli è bastato girare una scena di paracadutismo, che è una cosa vecchia come il cucco: ma dipende come la sai mostrare.
Del resto, è tutto nell’incipiti dell’autore originario, Gene Roddenberry: l’Enterprise è lassù per esplorare, non per combattere – per quello c’è Guerre Stellari – e non per fare politica – per quello c’è Battlestar Galactica. Per mettersi alla prova: una curiosa comunione di intenti, fra i Trekkers di Roddenberry e i Losties di Abrams. E neppure lui è un fan, quindi è stata una fortunata coincidenza. Il sequel è già in preproduzione, dovrebbe uscire nel 2011: non mi stupirei se Kirk, Spock e gli altri nel prossimo film trovassero nello spazio la loro isola misteriosa (magari non un pianeta dominato dagli antichi romani, come nella serie originale), un posto dell’anima, più che che una croce sulle mappe astrali.

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